Ayrton Senna è stato un grande uomo e un grande pilota. Lo dicono quasi tutti. La sua prematura scomparsa ne ha amplificato la leggenda, ma se ne parlava in questi termini anche da vivo, e non solo nel suo Brasile. Lo dicevano, a denti stretti, anche i tifosi del suo grande rivale Alain Prost. Tanto pulito e ingenuo era il suo sorriso fuori dalla pista, quanto determinato, ossessivo e aggressivo era il suo carattere quando saliva in auto. Dopo aver esordito nel campionato mondiale di Formula Uno nel 1984, Senna si piazzò ininterrottamente nei primi quattro posti della classifica generale dal 1985 al 1993. Per tre volte fu campione del mondo: nel 1988, nel 1990 e nel 1991, sempre con la McLaren.
È difficile racchiudere la sua vita in poche righe. Per farsi un’idea si può cominciare da Senna, il documentario di Asif Kapadia del 2010. Nato in una famiglia ricca e arricchitosi ulteriormente come pilota, animato da una cristianità profonda e con venature mistiche, legato sentimentalmente a celebri modelle e personalità della tv brasiliana (una su tutte, Xuxa, icona della cultura pop brasiliana), Senna si batté anche contro la povertà nel suo paese, creando una fondazione che porta il suo nome e spendendo moltissimo denaro in attività a sostegno dell’infanzia. Ma dovendo scegliere un solo momento che racconti che tipo di pilota sia stato, bisogna raccontare il primo giro del Gran premio di Donington del 1993, perché contiene, se non tutti, molti degli elementi che segnarono la sua carriera.
Nel 1993 il circuito di Donington fu, per la prima e ultima volta, sede di un gran premio di Formula Uno. “Sega European Grand Prix”, recitava la dicitura commerciale, che non lasciava dubbi sulla vocazione mercantile del campionato del mondo: perché un gran premio britannico c’era già (lo storico Silverstone) ma evidentemente averne due conveniva a molti, e perché lo sponsor giapponese Sega, società produttrice di videogiochi, aveva pagato bene per vedere il proprio nome reclamizzato sui cartelloni pubblicitari del circuito e sul nome dell’evento. Era solo la terza gara di una stagione che già andava materializzandosi, una volta ancora, come una sfida tra Prost e Senna. I due erano stati compagni di scuderia alla McLaren nel 1988 e nel 1989, vincendo un titolo a testa. Ma non potevano essere più diversi nella manichea percezione di allora. Posato, riflessivo e scientifico Prost (“il professore” per gli estimatori, “o cauteloso”, il prudente, per i detrattori). Istintivo e amante del rischio Senna.
Alla consueta rivalità si aggiungevano nel 1993 ulteriori frizioni. Prost era reduce da un anno sabbatico. Senna, trovatosi senza il rivale storico e quindi con poche motivazioni, aveva finito il 1992 al quarto posto della classifica generale, suo peggior risultato dal 1986. Forte delle sue maggiori capacità diplomatiche, il francese aveva ottenuto l’ingaggio da parte della Williams, di gran lunga la scuderia più forte in circolazione, e il veto su quello di Senna, che dovette ripiegare su un contratto a gettone con la McLaren. La superiorità automobilistica della Williams garantì al francese un vantaggio decisivo. Ma ogni volta che si presentavano condizioni straordinarie, atmosferiche o di altro tipo, Senna si esaltava e colmava il divario.
Così fu a Donington, dove pure il “fattore campo” (per quel che vale in Formula uno) sembrava dalla parte del francese. La Sega, che in quei giorni puntava tutta la sua comunicazione sul personaggio di Sonic the hedgehog, il riccio, era anche uno degli sponsor principali della Williams. La monoposto di Prost si presentò quindi con un vistoso adesivo di Sonic sulla fiancata. Senna e i suoi risposero applicando sulla McLaren un adesivo con l’immagine di un riccio schiacciato da un’automobile.
Le qualifiche furono un disastro per Senna, che finì al quarto posto, accumulando 1,6 secondi di ritardo (un’infinità per lui che era il re delle pole position) da Prost, e piazzandosi dietro anche all’altro pilota della Williams, Damon Hill, e alla Benetton dell’emergente Michael Schumacher. Il giorno della gara, sotto una pioggia battente, appena dopo la partenza e la prima curva, il brasiliano si ritrovò addirittura al quinto posto, superato dal carneade Karl Wendlinger della Sauber.
Quanto accadde nel minuto seguente è diventato uno dei più celebri momenti della storia della Formula uno. Alla curva immediatamente successiva Senna superò Schumacher. Subito dopo Wendlinger. Poi, dopo una manciata di secondi, Hill. Infine, ultimo e più pregiato bersaglio, Prost, sorpassato alla penultima curva. In questo miracolo automobilistico c’era tutta l’arte del grande pilota: la faccia tosta, il piacere della rivalità, l’abilità sul bagnato, la convinzione quasi messianica di essere il miglior pilota al mondo.
Nella mitologia automobilistica quello di Donington è ricordato come the lap of the gods, il giro degli dei. Passato in testa alla fine del primo giro, Senna superò per primo anche il traguardo finale, in una corsa nella quale le piogge intense, alternate a momenti “asciutti”, costrinsero i piloti a continui cambi delle gomme. Il brasiliano stabilì anche il giro più veloce, il cinquantasettesimo, con una mossa teatrale: entrato nell’area dei pit-stop, rinunciò alla sosta e ripartì accelerando. Aveva scoperto, per la conformazione del circuito, una scorciatoia legale.
Prost finì sul gradino più basso del podio, con addirittura un giro di ritardo. Al quinto, sesto e ottavo posto, per la cronaca, si piazzarono nell’ordine gli italiani Riccardo Patrese, Fabrizio Barbazza e Alex Zanardi. Ironia della sorte, una delle foto di quell’evento che hanno avuto più diffusione ritrae Senna mentre solleva un trofeo con le sembianza proprio di Sonic the hedgehog.
Il 1993 fu al contempo l’apice e l’ultimo capitolo della rivalità tra i due piloti. Senna partì forte, calando però alla distanza. Cammino inverso fu quello di Prost, che a un certo punto infilò ben quattro vittorie consecutive, accumulando un vantaggio sufficiente a resistere agli assalti del brasiliano nel finale di stagione e a vincere il mondiale. Di lì a poco Prost si ritirò e Senna, dopo sei anni alla McLaren, passò proprio alla Williams.
Come finisce la storia è tristemente noto. Finisce al terzo gran premio della stagione 1994, su una barriera di cemento del circuito di Imola. Finisce, più precisamente, all’ospedale maggiore di Bologna dopo un disperato e inutile trasbordo in elicottero. Due anni dopo Lucio Dalla scrisse Ayrton, con un testo in prima persona: “Ho capito che Dio mi aveva dato il potere di far tornare indietro il mondo rimbalzando nella curva insieme a me, mi ha detto ‘chiudi gli occhi e riposa’ e io ho chiuso gli occhi”.
(Testo di Federico Ferrone e Alessio Marchionna)
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