Compie 35 anni White music, il primo album degli Xtc, come ci ricordano le divertenti Rock’s backpages del Guardian. Venivano da Swindon, la città inglese più deprimente nella quale io abbia messo piede, e con il loro esordio gettavano le solide basi per diventare uno dei più grandi gruppi (IL?) del cosiddetto post punk dal nostro lato dell’Atlantico.
Nel gennaio del 1978 l’Italia mainstream cominciava appena a digerire il punk non post. In sostanza, faceva figo. Erano cattivi! Facevano cose poco perbene, tipo dire mucchi di parolacce o mettersi le spillone da balia in bocca!
Le povere major del disco avrebbero fatto qualsiasi cosa per vendere tre album in più, e in casa Ricordi, che distribuiva in Italia la Virgin, pensarono di approfittare del momento. Così la tiratura italiana di White music provò a trasformare questo spettacolare album di pop elettrico in qualcosa di più attraente per i teenager, sbattendoci a destra un’improbabile scrittina biancorossa.
Se l’avessero saputo, magari ad Andy Partridge e soci sarebbe piaciuto. Anche se dal secondo album in poi avrebbero sfornato giochini ben più ragionati per presentare le loro meraviglie.
Come una copertina dattiloscritta, con insertino da sovrapporre per riuscire a leggerla tutta, per Go 2 (cosa interessante: la grafica era dello studio Hipgnosis di Storm Thorgerson, che era famoso soprattutto per i trionfi con gente tipo gli Yes, i Pink Floyd o i Led Zeppelin).
O, per Making plans for Nigel, un 45 giri con la copertina che si apre per diventare un gioco dell’oca con l’eroe della canzone contro la sua insopportabile famigliola.
Qualche riga più su, quando parlavo di spillone da balia, pensavo a un’altra copertina, quella di Ça plane pour moi di Plastic Bertrand, un simpatico belga che nel 1978 cercava di vendersi come punk anche se non lo era.
Rivelerà la sua vera personalità qualche anno dopo.
Alberto Notarbartolo è un vicedirettore di Internazionale molto appassionato di musica e dischi.
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