Dopo anni di peregrinazioni tra case discografiche, per il suo ultimo album World peace is none of your business Morrissey sembrava aver trovato la sua etichetta: la Harvest, leggendaria label che ha pubblicato dai Pink Floyd agli Wire. “Sono entusiasta”, aveva dichiarato il cantante il 10 gennaio scorso, annunciando l’accordo.
L’amore sembrava reciproco: “Morrissey è uno degli artisti più importanti e influenti del mondo”, aveva detto Steve Barnett, amministratore delegato di Capitol Music Group, di cui oggi la Harvest fa parte.
La love story è durata solo una decina di mesi. L’artista di Manchester ha comunicato attraverso il suo sito quasi ufficiale True to You che il suo rapporto con la Harvest era finito. In una lettera aperta ai suoi fan, Morrissey protesta per la promozione del disco, a suo giudizio insufficente e malriuscita. L’album è immediatamente sparito dai canali di distribuzione online e dai negozi.
Poi, come sua abitudine, Moz ha usato delle T-shirt per manifestare la sua irritazione: i musicisti della band si sono presentati al pubblico del suo concerto a Lisbona, l’8 ottobre, con delle magliette con la scritta FUCK HARVEST.
Those Fuck Harvest shirts Morrissey's band wore the other night? Harvest is now selling them: http://t.co/k9eydVoYyv pic.twitter.com/7ICVe9iBL9
— Anna Dorfman (@doorsixteen) 8 Ottobre 2014
Ma l’ex cantante degli Smiths non aveva fatto bene i conti con il cinismo della sua ex casa discografica: tre giorni dopo la Harvest ha messo in vendita le magliette. Undici euro e 99 valgono un vaffanculo in più.
Ora Morrissey è in tour in Italia, dove – cosa decisamente insolita per le sue abitudini – si è anche esibito alla tv, nel programma di Rai3 Gazebo.
Dopo due date a Roma, Morrissey si esibirà a Milano il 16 ottobre, a Bologna il 17, a Pescara il 19, a Firenze il 21 e a Padova il 22.
Io sarò a Milano. E aspetto con curiosità di vedere, oltre al concerto, come sarà vestita la band.
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