Sono arrivato a Città del Messico alle 5.30 del mattino del 10 maggio, mentre la città sterminata stava ancora dormendo, accolto dalle ceneri del vulcano Popocatépetl. El Popo, come lo chiamano alcuni da queste parti, è uno dei più attivi del paese, nonché il secondo più alto (circa 5.500 metri). Tre giorni fa ha pensato bene di eruttare, buttando in cielo lapilli e molta cenere, che ha raggiunto anche la capitale, situata a una settantina di chilometri a nordovest.

La cenere ha reso ancora più densa, e più torbida, l’aria della città, che sembra costantemente immersa in una nebbiolina sottile. Nell’edizione di oggi, il quotidiano Reforma titola in prima pagina “Inquieta smog”, e spiega che la cattiva qualità dell’aria per il terzo giorno consecutivo ha costretto le autorità a dichiarare, per la prima volta da dieci anni, un doppio blocco delle auto.

Significa che oggi un milione di automobili, circa un quarto di quelle che ogni giorno intasano le strade della città, non potrà circolare. Una misura che non risolverà i problemi di una delle metropoli più inquinate del mondo (in questo momento l’indice che misura la qualità dell’aria nella città è di 150, appena oltre la categoria “muy mala”, in cui tutta la popolazione è soggetta a seri pericoli per la salute), ma che per lo meno darà un po’ di respiro a milioni di persone che si ammassano nel centro durante il giorno.

Quello che finora mi ha sorpreso di più, comunque, è il fatto che continuo a vedere simboli legati alla spiritualità orientale, in particolare all’antica arte geomantica taoista cinese del feng shui, o viento y agua, nella traduzione spagnola.

Nel magnifico appartamento in cui alloggio in calle Bolívar (nel centro spaccato della città), c’è uno spazio comune che è sostanzialmente uno stanzone lungo e stretto in cui tutto è sistemato in modo da ricordare la spiritualità orientale. A uno degli estremi c’è l’angolo meditazione, sormontato da un disegno che raffigura il simbolo Om. Dall’altro lato della stanza, a formare una perfetta simmetria, è appeso un ciondolo a forma di ottagono (il bagua cinese) all’interno del quale è incastrato lo stesso simbolo.

Ho trovato la stessa simmetria a casa di Laura Castellanos, (la mia “fixer” a Città del Messico, la seconda forza della natura, dopo il vulcano, che mi ha accolto finora, e di cui parlerò in uno dei prossimi post). Poi mi sono ricordato del Crepuscolo dei Maya, uno dei miei racconti preferiti del mitico scrittore messicano Juan Villoro. Nel racconto Villoro gioca con alcuni dei tanti cliché messicani, tra cui appunto l’ossessione per il feng shui.

Due amici partono per un viaggio nel sud del Messico. Con loro c’è anche Karla, una messicana fricchettona che si dedica alla “decorazione mistica”. Quando arrivano a un ristorante, ci mettono un bel po’ prima di trovare il tavolo giusto: “Tutti si opponevano a qualche disegno del feng shui. Alla fine mangiammo nel patio, vicino a un pozzo che ci infondeva energia”.

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