Per il numero di gennaio del 2022, a un anno dall’assalto al congresso lanciato dai sostenitori di Donald Trump, il mensile The Atlantic ha pubblicato un articolo, firmato da Barton Gellman, intitolato così: “Il prossimo colpo di stato di Trump è già cominciato”. Il giornalista sostiene che l’assalto del 6 gennaio 2021 sia servito come una sorta di allenamento, e che negli ultimi mesi l’ex presidente e i suoi alleati abbiano creato le condizioni per sovvertire l’esito delle prossime elezioni.

“Per più di un anno, con il sostegno tacito ed esplicito dei leader nazionali del partito, i politici repubblicani di molti stati hanno costruito un apparato per falsare il voto. Funzionari eletti in Arizona, Texas, Georgia, Pennsylvania, Wisconsin, Michigan e altri stati hanno studiato i tentativi di Trump per ribaltare l’esito del voto del 2020. Hanno preso nota dei punti deboli e hanno fatto passi concreti per evitare che la prossima volta lo sforzo fallisca. In alcuni casi hanno riscritto gli statuti per prendere il controllo delle commissioni che decidono quali schede accettare e quali scartare, e anche quali risultati scartare e quali accettare. Stanno togliendo poteri ai funzionari eletti che a novembre si sono rifiutati di partecipare al piano per sovvertire le elezioni, cercando di sostituirli con quelli fedeli alla ‘grande bugia’ di Trump. Stanno preparando degli argomenti legali che diano ai parlamentari statali il potere di ribaltare le scelte degli elettori”.

L’articolo è lungo e molto dettagliato, ma parte da una premessa semplice: la strategia antidemocratica e anticostituzionale dei repubblicani sta funzionando perché negli ultimi anni – anche prima che Trump entrasse in politica – sono riusciti a convincere una parte importante dell’opinione pubblica che le violazioni elettorali negli Stati Uniti siano molto comuni e che a commetterle siano soprattutto gli elettori neri e ispanici (che tendono a votare per il Partito democratico). In realtà i dati dicono che le violazioni sono pochissime, che quando si verificano sono per lo più frutto di errori in buona fede (per esempio elettori che vanno a votare al seggio dimenticandosi di aver già votato per posta settimane prima), e che comunque non condizionano il risultato finale a qualsiasi livello.

Se i repubblicani sono stati in grado di convincere tante persone del contrario è perché hanno preso alcune di quelle poche violazioni e le hanno trasformate in casi paradigmatici. In particolare quella di Crystal Mason, una donna afroamericana di 47 anni, madre di tre figli, che vive a Rendon, in Texas. Nel 2012, Mason, che gestiva uno studio da commercialista insieme al marito, era stata condannata a cinque anni di reclusione per frode fiscale. Dopo quattro anni in carcere, un giudice le ha permesso di scontare la parte finale della pena a casa. Era il 2016, le elezioni presidenziali si avvicinavano e Donald Trump diceva a tutti che i democratici avrebbero rubato le elezioni facendo votare milioni di persone che non ne avevano diritto. Su insistenza della madre, l’8 novembre Mason si era presentata al seggio. Non trovando il suo nome nelle liste, lo scrutatore le consigliò di esprimere un voto provvisorio, cioè su una scheda che sarebbe stata accettata o annullata in base a un controllo fatto in seguito.

Il suo voto non era stato ammesso ammesso, perché la legge del Texas prevede che chi è stato condannato debba scontare per intero la pena prima di poter tornare a votare. La storia poteva finire lì, visto che tecnicamente Mason non aveva votato. Ma un politico repubblicano del posto aveva informato il procuratore distrettuale del fatto che la donna aveva cercato di votare pur non avendo i requisiti, e il 16 febbraio 2017 Mason è stata arrestata per frode elettorale. Al processo la donna ha detto di non essere stata informata del fatto che non avrebbe potuto votare, e che il suo era stato un errore in buona fede; la procura ha sostenuto che aveva cercato di ingannare il sistema per sovvertire la democrazia, e che la sua condanna avrebbe “mandato un messaggio” contro tutte le potenziali frodi elettorali. Nel 2018 Mason è stata condannata ad altri cinque anni di carcere. Adesso è fuori su cauzione in attesa dell’appello.

La storia di Mason (raccontata molto bene qui) è stata usata per giustificare decine di leggi pensate dai repubblicani per scoraggiare le persone a votare, e che generalmente colpiscono soprattutto gli elettori neri e ispanici. Nei primi nove mesi del 2021 ne sono state approvate 33 in 19 stati del paese.

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