La notizia è apparsa sul sito di Ha’aretz alle 19.23 del 1 ottobre. Diceva che i palestinesi avevano deciso di ritirare la richiesta alle Nazioni Unite di sottoscrivere il rapporto Goldstone sui crimini di Gaza. Si è scatenato uno tsunami. I più sorpresi sono gli attivisti che negli ultimi nove mesi hanno aiutato la commissione a raccogliere le testimonianze per scrivere i rapporti sull’offensiva israeliana dell’inverno scorso. Fino a una settimana fa eravamo sicuri: un osservatore palestinese avrebbe presentato la richiesta al consiglio dell’Onu e il giorno dopo i 43 membri avrebbero votato.

Si sapeva che 33 erano favorevoli (per lo più stati arabi e musulmani). Gli Stati Uniti e l’Unione europea erano contro, Cina e Russia erano incerte. Invece la richiesta non c’è stata. Ho saputo che il console statunitense a Gerusalemme ha incontrato il presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) Mahmoud Abbas, a Ramallah. Poi c’è stata una telefonata dall’ufficio di Abbas al rappresentante palestinese a Ginevra, Ibrahim Khraishi.

Rendendosi conto dell’ampiezza dello scandalo, i funzionari palestinesi hanno detto che gli altri stati membri avevano chiesto di rimandare il voto. Ma loro negano questa versione e dicono che c’è stata un’esplicita richiesta palestinese. Il comitato esecutivo dell’Olp giura di non saperne niente. Lo stesso fanno il premier Salam Fayyad e i suoi ministri. Hamas, invece, si è reso conto che questa vicenda è un regalo politico ricevuto dai suoi rivali: Al Fatah, l’Olp e l’Autorità palestinese (insieme a Israele e agli Stati Uniti) hanno seppellito un rapporto che mette in discussione l’impunità israeliana.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it