“Il fatto che mi abbiano negato l’ingresso è un episodio trascurabile”, ha detto Noam Chomsky martedì al pubblico dell’università di Bir Zeit in videoconferenza. “Ma segnala la crescente irrazionalità dello stato d’Israele”.
Poi ha parlato degli Stati Uniti e del mondo, spiegando che l’occupazione israeliana va letta nel contesto dell’imperialismo statunitense. È stato invece annullato l’incontro con il primo ministro palestinese Salam Fayyad.
Domenica pomeriggio è stato fermato al confine tra Giordania e Cisgiordania (controllato da Israele) dopo un interrogatorio durato quasi quattro ore. Un ispettore di confine un po’ imbarazzato gli ha spiegato che la decisione veniva dall’alto: le sue opinioni non sono gradite in Israele.
Ho pubblicato un articolo online sulla vicenda prima ancora di parlare con lui (la sorella di un mio amico si trovava al checkpoint). Poi il mondo intero ha cominciato a parlarne e la portavoce del ministero dell’interno ha dovuto ammettere che era stato un errore.
In un’intervista telefonica a Chomsky, gli ho detto che il suo incidente ci ha fatto un grosso favore. La pubblicità ricevuta dall’episodio equivale a venti fantastilioni di articoli sugli abusi commessi da Israele nei Territori.
A quanto pare il timido ispettore di confine gli ha chiesto se era mai stato fermato prima. “Sì”, gli ha risposto Chomsky. “Nel 1968, quando volevo andare a trovare Alexander Dubcek, che era agli arresti domiciliari dopo la repressione della primavera di Praga”.
*Traduzione di Stefania De Franco.
Internazionale, numero 847, 21 maggio 2010*
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it