La sera del 14 gennaio erano tutti incollati alla tv, qui a Ramallah, per seguire in diretta la rivolta in Tunisia. La mattina dopo erano tutti soddisfatti. “Il popolo tunisino ha salvato l’onore della nazione araba”, mi ha detto un amico.
La tv era accesa anche nel negozio di frutta e verdura. Alcuni dimostranti tunisini stavano parlando con i giornalisti. Uno di loro ha detto che perfino i palestinesi stavano meglio di loro. Dal punto di vista alimentare è sicuramente vero, ma i prezzi dei generi di prima necessità non sono stati l’unico motivo della rivolta.
La Tunisia, come la maggior parte degli stati arabi, è governata da un’élite cinica e corrotta. La situazione dei palestinesi è diversa, perché hanno a che fare contemporaneamente con tre regimi repressivi: l’Autorità Palestinese, Hamas e Israele. È vero, però, che per certi aspetti i palestinesi stanno meglio di altri. In Cisgiordania, per esempio, gli attivisti per i diritti umani hanno più libertà d’azione che in molti stati arabi. Perfino a Gaza la repressione è ancora piuttosto prudente.
La “schizofrenia” palestinese emerge chiaramente dalle seguenti dichiarazioni. Il 15 gennaio una nota dell’Olp elogiava il “coraggio dei tunisini, capaci di battersi contro l’oppressore”. Poche ore dopo il dirigente Ahmed abd al Rahman ha dichiarato: “L’Olp è vicina alle famiglie delle vittime, ma non prende posizione sulla vicenda”. Dopotutto i leader dell’Olp furono ospitati per anni dal corrotto presidente tunisino Ben Ali.
*Traduzione di Nazzareno Mataldi.
Internazionale, numero 881, 21 gennaio 2011*
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