Il 24 maggio la prima notizia del tg è stata l’incidente tra un pullman e un camion sulla strada tra Tel Aviv e Gerusalemme. Era morto un passeggero ma non hanno detto il nome. Il giorno dopo mi ha scritto un’attivista antioccupazione per chiedermi come mai Ha’aretz avesse taciuto l’identità della vittima: era il palestinese Anas Maloul, 25 anni, di un villaggio tra Jenin e Nablus.

Sopravvissuto alla seconda intifada, lavorava per un’ong. Il suo migliore amico, Noam Bahat, è un israeliano che ha trascorso due anni in prigione per essersi rifiutato di fare il servizio militare. Anas aveva ottenuto uno dei rari permessi per entrare in Israele. Noam era andato a prenderlo, avevano visitato la città vecchia di Gerusalemme e passato il pomeriggio in spiaggia a Jaffa. “Quanto mi manca il mare”, aveva detto Anas. Quel giorno, mi ha raccontato Noam, era felicissimo.

Ho scritto un articolo per Ha’aretz su Anas includendo i ricordi di Noam. Per esempio, il fatto che Anas aveva una cicatrice su una gamba che si era procurato quando, a 15 anni, i soldati israeliani avevano fatto irruzione nella sua scuola. Il giorno dopo il giornale ha ricevuto una lettera furiosa: com’è possibile che i soldati israeliani facciano irruzione in una scuola? È diffamazione. Poi ho ricevuto un’email che chiedeva di cancellare alcuni commenti offensivi all’articolo che i lettori avevano postato sul sito. Ho girato l’email a chi di dovere, ma non sono andata a leggerli. C’è già abbastanza cattiveria da sopportare.

*Traduzione di Andrea Sparacino.

Internazionale, numero 900, 2 giugno 2011*

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it