Nessuna indicazione geografica, solo “nord della Cisgiordania”. Nessun nome, solo “il ragazzo dai capelli bianchi”. Nessuna professione, solo una generica attività con il computer, abbastanza per guadagnarsi da vivere. Sempre che riesca a trovare un lavoro. Il nostro uomo è stato licenziato da un’azienda privata dietro pressioni dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp).

Ma l’ho incontrato per un altro motivo. Un motivo che ha a che fare con i suoi trenta mesi di detenzione amministrativa in Israele. Lo hanno interrogato per circa un mese e, dato che non riuscivano a trovare prove contro di lui, lo hanno incarcerato senza processarlo. Tutto questo poco dopo essere uscito da una prigione palestinese. Ma no, dice, non vuole parlare di questa esperienza. Delle torture, dell’impotenza delle organizzazioni umanitarie, della solitudine. Gli chiedo se è stato lì che gli sono venuti i capelli bianchi. Lui annuisce.

Con atteggiamento prudente mi chiede di scrivere che “lui e la sua famiglia erano accusati di essere affiliati ad Hamas”. Centinaia di insegnanti, come suo fratello maggiore, sono stati licenziati dalle scuole dell’Anp dopo la rottura tra Hamas e Al Fatah nel 2007. Un tribunale palestinese ha stabilito che i licenziamenti sono illegali e che gli insegnanti devono essere reintegrati ma nessuno ha rispettato la sentenza. Anche se Hamas e Al Fatah si sono riconciliate il ragazzo non ha speranze di trovare lavoro. Il suo futuro, dice, è via da qui.

Traduzione di Andrea Sparacino

Internazionale, numero 901, 10 giugno 2011

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