Una passeggiata senza meta durante una breve visita a Nassau, la capitale delle Bahamas, mi ha portato davanti a una casa con l’insegna Suffragette house. Una targa di metallo ha catturato la mia attenzione: “Costruita nel 1938 come residenza di famiglia del defunto Rufus Ingraham, parlamentare, della moglie Mary, fondatrice del movimento per il voto alle donne, e dei loro undici figli”.

La curiosità mi ha portato su internet, dove ho scoperto che nel 2012 si celebra il cinquantesimo anniversario della prima partecipazione delle donne alle elezioni nell’arcipelago (undici anni prima dell’indipendenza dalla Gran Bretagna), dopo una lunga battaglia condotta da Mary Ingraham e da altre donne. Ma un blog curato da Rupert Misick e Noelle Nicolls su The Tribune ridimensiona questa lotta. Alle donne fu permesso di votare solo per ottenere una maggioranza elettorale “nera”. E sono ancora discriminate. Un referendum per concedere la cittadinanza ai figli di una donna bahamense e di uno straniero è stato bocciato, mentre il parlamento ha respinto una proposta di legge per punire gli stupri coniugali. Secondo i due blogger, i leader religiosi influenzano pesantemente le scelte di voto delle donne.

Janet Bostwick, la prima donna eletta in parlamento, negli anni ottanta, è convinta che la situazione sia migliorata: “Fino a poco tempo fa le impiegate statali dovevano dimettersi se restavano incinte e le donne non potevano chiedere il divorzio”.

*Traduzione di Andrea Sparacino.

Internazionale, numero 938, 2 marzo 2012*

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it