Due amici mi hanno convinta a interrompere la vacanza per scrivere due articoli sull’Unione europea e l’occupazione israeliana. Così ho deciso di eliminare alcune delle visite ai musei che avevo in programma. Passeggiando per i canali di Amsterdam e lungo la Senna a Parigi ho preparato le domande da rivolgere ai funzionari europei.
Il primo articolo parla della richiesta dello stato palestinese di entrare nel Consiglio oleicolo internazionale (Coi), un’organizzazione fondata nel 1959 da stati come Israele, Italia e Libia per migliorare la rete internazionale di produzione e distribuzione dell’olio d’oliva. La coltivazione degli ulivi è una parte importante dell’economia palestinese, e proprio per questo gli alberi sono tra i bersagli preferiti dei coloni israeliani.
Gli stati dell’Unione europea erano in maggioranza favorevoli all’ammissione della Palestina, ma Germania e Regno Unito si sono opposti sostenendo che un voto favorevole “avrebbe danneggiato il processo di pace”. E così i palestinesi hanno ritirato la loro richiesta. Il secondo articolo riguarda le relazioni economiche sempre più strette tra i Paesi Bassi e Israele. L’ambasciata di Tel Aviv è arrivata addirittura a ignorare le disposizioni ufficiali che vietano alle aziende olandesi di collaborare con i coloni.
Così, mentre l’Unione europea e i suoi stati si oppongono a parole alla politica coloniale di Israele, di fatto rafforzano i legami economici con Israele e le colonie.
Traduzione di Andrea Sparacino
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