Il 27 febbraio gli abitanti dell’accampamento beduino di Khan al Ahmar, in Cisgiordania, hanno notato un oggetto lungo 50 centimetri che volava sopra le loro teste. Un drone israeliano, ovviamente. Immaginate il contrasto: a terra un accampamento di baracche e tende senza elettricità, in cielo un gioiello della tecnologia. In realtà una costruzione moderna nell’accampamento c’è. È la scuola ecologica della tribù jahalin, costruita nel 2009 su un progetto dell’ong Vento di terra.
Poche ore dopo il passaggio del drone, sono arrivati gli ispettori dell’amministrazione civile israeliana. C’erano due camion davanti alla scuola. Uno trasportava cemento, l’altro attrezzature per un parco giochi, altalene e scivoli, dono del governo italiano. Prima che i bambini potessero ammirarli, gli ispettori hanno confiscato i due camion. Un portavoce dell’amministrazione civile mi ha spiegato che “le attrezzature sarebbero state montate, senza permesso, su un terreno statale”, aggiungendo che il consolato italiano era stato avvertito in anticipo.
Il linguaggio burocratico nasconde i seguenti fatti: “terreno statale” è un’espressione che Israele, violando il diritto internazionale, usa per definire le terre palestinesi; nel vicino insediamento israeliano di Kefar Edomim ci sono almeno trecento edifici costruiti senza autorizzazione; non è possibile chiedere un permesso all’amministrazione israeliana perché questa nega ai beduini di costruire alcunché sui terreni dove vivono da decenni.
Traduzione di Andrea Sparacino
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