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Tre telefonate dai Territori occupati

1) “Pronto, Amira? Vorrei che aiutassi mio fratello minore a ‘diventare pulito’ e ottenere un permesso di lavoro in Israele”.
“Chi parla? Lo sai che sono solo una giornalista? E cosa vuol dire ‘diventare pulito’?”.
“Mi chiamo Nidal e chiamo da Ubediyeh. Mio fratello è stato arrestato e detenuto per tre mesi perché era andato a Gerusalemme. Ha una moglie e due figli, deve trovare un lavoro. Due anni fa hai aiutato un altro mio fratello”.
“È stato quindici anni fa. Posso darti il numero di telefono di un attivista di Machsom watch che fa pressione sulle autorità finché non rilasciano i permessi”.

2) “Pronto, Amira? Sono Abu Mohammed da Beit Nuba. Hanno cominciato a costruire sul nostro vecchio cimitero. È urgente”.
“Andrò a controllare. Puoi venire con me?”.
“No, mi riconoscerebbero, è meglio se vai da sola. Entra nell’insediamento e chiedi di Dani dei cavalli. Le tombe sono lì”.
Beit Nuba era uno dei tre villaggi demoliti nel 1967 e trasformati in un parco di divertimenti, vietato ai palestinesi. Sulla terra di Beit Nuba è stato costruito un insediamento.

3) “Pronto, Amira? Sono Mohammed di Al Hamma. L’avamposto è ancora lì, ma ci hanno dato il permesso di costruire. Giovedì quelli di Taayush ci faranno visita insieme a un diplomatico statunitense. Vuoi venire anche tu?”.
“Mi dispiace, non posso. Ho troppe cose brutte di cui occuparmi”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 4 novembre 2016 a pagina 23 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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