Luce vietata in Palestina
Un’organizzazione umanitaria italiana ha commesso un grave crimine: ha donato pannelli solari a Khalet Hamed, una piccola comunità palestinese nella valle del Giordano settentrionale, in Cisgiordania. La mattina del 5 luglio le autorità israeliane hanno rimediato a questo crimine confiscando i pannelli, che per pochi mesi hanno permesso agli abitanti di guardare la tv e conservare cibo e medicine nei frigoriferi. Il pretesto? Non avevano il permesso di ricevere i pannelli.
L’ong italiana è in buona compagnia. Anche il governo olandese, che ha donato 350mila euro per la microgriglia di un sistema elettrico ibrido a Jubbet adh Dhib, un villaggio vicino a Betlemme, ha commesso un crimine. Anche lì di recente sono stati confiscati 96 pannelli solari. Entrambi i villaggi fanno parte dell’area C della Cisgiordania (quella sotto il controllo totale di Israele), che il governo israeliano rifiuta di collegare alla rete idrica ed elettrica. Non lontano da questi villaggi prosperano gli insediamenti israeliani, compresi quelli considerati illegali da Israele, in quanto non autorizzati.
È una questione aritmetica: più la vita si fa dura nelle comunità palestinesi, più i ragazzi si trasferiranno nelle enclave controllate dall’Autorità palestinese. Così i coloni israeliani avranno più spazio per i loro insediamenti. Khalet Hamed e Jubbet adh Dhib dovranno tornare ai vecchi generatori, costosi, rumorosi e inquinanti, che forniscono elettricità solo per due ore al giorno.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questa rubrica è stata pubblicata il 7 luglio 2017 a pagina 23 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati