Dalla tv escono ancora fiumi di parole: “Le donne kamikaze; Basaev, il capo dei ribelli ceceni, è un mascalzone; il presidente ceceno Maschadov sapeva; le hanno trasformate in zombie nei centri del terrorismo internazionale”.

Al posto dell’analisi, slogan ideologici primitivi: “I nemici del processo politico vogliono ostacolarne l’attuazione; sbarazziamoci di Basaev e le kamikaze non ci saranno più”.

È una semplificazione del problema ceceno che rallenta la scelta della decisione giusta su cosa fare in questa nuova fase del conflitto. Qual è il punto centrale? Che sta succedendo alle donne nel quarto anno della seconda guerra cecena? È necessario che le reclutino i “centri del terrorismo internazionale” perché diventino degli zombie?

No, non è necessario. Non servono altri sforzi per trasformare una donna in una terrorista suicida usa e getta, perché è già stato fatto tutto. La donna cecena oggi è veramente uno zombie: lo è diventata grazie ai lunghi anni di sofferenza continua e quotidiana. Lo è diventata per la situazione in cui vive la sua famiglia. È stata addestrata al martirio dai metodi usati con la popolazione civile da entrambe le parti combattenti.

Ora il sogno di vendicarsi da sole per la perdita dei figli, dei mariti e dei fratelli è la massima ambizione di migliaia di madri, mogli e sorelle. E non perché lo esigano l’islam e gli adaty (le norme di vita tradizionali), ma perché non hanno altra scelta. Nella zona delle “operazioni antiterrorismo” la gente è condannata a farsi giustizia da sé, perché malgrado la presenza di tanti soldati armati non esiste nessuna tutela dei più elementari diritti umani.

La costituzione adottata con il referendum del 23 marzo scorso ha solo fatto aumentare il numero delle donne che aspirano a entrare in questa particolare task force. Perché il 23 marzo aveva suscitato molte speranze, ma la nuova costituzione si è rivelata solo propaganda: non ha fermato l’anarchia militare russa e non difende nessuno. “Gli sconosciuti in tuta mimetica e blindati” di cui ormai parla sempre più anche la procura generale, sono tornati ai metodi dei sequestri notturni e delle esecuzioni senza processo.

Vulcani casalinghi

A causa di tutto questo, le persone rapite dai soldati federali, quelle scomparse e i civili morti nella primavera del 2003 sono molti di più di un anno fa. Peggio ancora, alla vigilia del 23 marzo i protagonisti di questa farsa di “processo politico” avevano promesso l’impossibile alla gente che cercava i parenti scomparsi: “Andate a votare”, – una parte delle persone scomparse tornerà a casa, li rilasceranno dalle prigioni.

“Il Cremlino ha dato il via libera, voi però andate a votare!”. Ma non è tornato nessuno. E non dobbiamo illuderci che il numero degli attentati terroristici, aumentato proprio dopo il referendum, sia un caso di cui Basaev ha abilmente approfittato. È tutto molto più complicato.

Chi è oggi la donna cecena?

La sua educazione tradizionale è assolutamente ascetica. Il suo dovere è farsi carico di tutto. Non deve parlare delle sue sofferenze personali. La sua virtù è la riservatezza, la capacità di nascondere i sentimenti dentro di sé e non lasciarli mai trapelare, non soltanto in pubblico ma anche in casa, davanti ai parenti maschi, persino i più stretti. Le sue tempeste, quindi, sono interiori. Quanto durerà?

Oltretutto la fedeltà e l’amore della sorella cecena per i fratelli, e tanto più della madre cecena per i figli, sono assoluti, incondizionati, e senza limiti. Poiché la maggioranza delle donne è convinta che con la scomparsa del fratello, del figlio, del marito finisca anche la sua vita è chiaro che a quel punto la forza dei sentimenti esplode come un vulcano.

Il primo e il secondo anno di guerra questi vulcani casalinghi sono rimasti inattivi – le cecene speravano che presto tutto si sarebbe aggiustato, dicevano di contare sui loro uomini, che avrebbero rispettato il loro ruolo tradizionale. Secondo l’educazione maschile cecena, il compito principale di un ragazzo è difendere la donna e la casa, perciò un bambino – a differenza di una bambina – può essere viziato, e gli vengono perdonate molte colpe grazie a una cosa soltanto: la sua disponibilità a difenderle fino alla morte quando è necessario.

Ma non è successo niente di tutto questo. La guerra è continuata. A un certo punto tutta la tradizione è crollata sotto l’urto dello stile di guerra imposto dai federali. Gli uomini ceceni si sono trovati in una situazione in cui erano le donne a doverli difendere. Le donne commerciavano nei bazar per sfamare la famiglia, erano loro a gettarsi sotto i blindati perché non portassero via gli uomini, mentre questi per lo più se ne stavano nascosti nelle cantine per non farsi rapire, per non finire nei rastrellamenti o per non saltare in aria.

Le responsabilità

E così la donna cecena è arrivata in prima linea. È diventata radicale più rapidamente degli uomini, che sono rimasti dietro di lei, pur convinti di essere sempre un passo avanti. Per di più la donna cecena ha capito che è giunto il momento di esprimere i suoi sentimenti.

Il vulcano ha cominciato a eruttare. La giustizia personale è diventata l’unica risposta efficace all’arbitrio: la donna ha cominciato a difendersi, attuando un programma di vendetta personale contro quelli che considera assassini. Il sogno delle cecene è diventato quello di morire, pur di non vivere come ora – senza riuscire a difendere i figli, i fratelli, i mariti.

E Basaev che c’entra?

Sento le voci dei miei critici: “Ma Basaev si è assunto la responsabilità…”.

Certo che l’ha fatto. Ora si prende tutto – gli allori del defunto comandante Raduev dovevano pur passare a qualcuno. Ma per noi oggi è molto più importante sapere un’altra cosa rispetto a chi si assume le responsabilità. E cioè è importante sapere che c’è qualcuno pronto a compiere atti di cui poi qualcun altro si assumerà la responsabilità.

Ecco, in Cecenia le esecutrici non mancano, anzi sono in aumento visto che gli abusi dei militari non cessano. Questo non è il risultato delle capacità retoriche di Basaev, ma della lunga serie di criminali errori politici compiuti da Mosca in Cecenia. E gli uomini? I ceceni? Dopo gli attentati terroristici a Znamenk e Iliskhan-Jurt (12 e 14 maggio) molti di loro hanno condannato con severità le suicide e hanno detto: “Loro ci hanno umiliato. Ci hanno dimostrato che non siamo nessuno”.

Li hanno umiliati veramente e hanno dimostrato che non sono nessuno. Il rovesciamento dei ruoli è compiuto. La donna ha messo i puntini sulle “i”: non conta più sull’uomo, non discute con lui, non gli chiede consiglio. Decide tutto da sola, dentro di sé e in silenzio, presentando al mondo solo il risultato finale. Tutto qui. E voi invece, “al Qaeda qui”, “al Qaeda là”, vi siete aggrappati a questo moderno salvagente per politici fallimentari.

Le strade della sopravvivenza

Ma vediamo che fare. Non bisogna prendere sul serio i rapporti dei militari sul rafforzamento dei posti di blocco, sulla chiusura dei confini amministrativi della Cecenia e sul fatto che “tutto è sotto controllo”. Primo, non controllano proprio niente tranne le mazzette che ricevono per far passare la gente ai posti di blocco.

Secondo, l’inasprimento di queste misure non farà smettere gli attentati terroristici delle donne. Terzo, è assurdo rivolgersi a Maschadov pretendendo chissà quali appelli alle donne perché rinuncino a questa tattica. Loro, che sono arrivate al punto di rottura anche grazie a Maschadov e lo sanno, non lo ascolterebbero neppure.

Infine, ma è la cosa più importante, la mente di chi si vuole vendicare funziona con grande sottigliezza ed è impossibile intuire quale sarà il suo prossimo obiettivo. Contro le donne che si caricano addosso l’esplosivo non ci sono posti di blocco e controlli che tengano. “Ci presenteremo incinte…”, dichiarano alcune. “Dopo tutto i vostri non possono infilarsi sotto le nostre gonne. E non potrete neppure mettere un ginecologo a ogni check point…”.

Cambiare politica

Qual è la via d’uscita? Ce n’è solo una: cambiare la politica sulla Cecenia. Per sopravvivere bisogna fare un passo avanti. Naturalmente questo significa la fine senza compromessi dell’anarchia militare. E l’inizio dei negoziati di pace tra Maschadov (del resto parlate con Arafat e non è la fine del mondo!) e il Cremlino, sotto il controllo di autorevoli osservatori internazionali, per smilitarizzare la repubblica, smettere le azioni militari e consegnare alla giustizia i criminali di guerra.

Il referendum non ha dato risultati tranne quello di aggiungere il titolo di “facente funzione di presidente della repubblica cecena” al nome di Achmat-Chadzhi Kadyrov. Ed è evidente che Kadyrov deve essere rimosso perché sa curare solo i suoi interessi.

Lo status politico della futura Cecenia? Certo, verrà, con il tempo. Ma dopo, tutto verrà dopo. Prima bisogna sopravvivere. Nessuno lo nega: bisogna essere degli eroi per sbrogliare questa spaventosa matassa. Ed eroi non ce ne sono. Ma noi abbiamo il dovere di trovarne uno. Perché tutte le altre strade per la sopravvivenza ce le siamo già giocate.

Internazionale, numero 495, 3 luglio 2003

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