L’8 marzo il comando operativo regionale per le operazioni contro il terrorismo nel Caucaso settentrionale, e in un secondo tempo anche il direttore dell’Fsb (i servizi segreti federali russi) Nikolaj Patrushev, ha annunciato che le forze speciali dell’Fsb avevano liquidato Aslan Maskhadov, eletto nel 1997 presidente della Repubblica Cecena di Ichkeria in base alla costituzione del 1992.
E così oggi si può constatare quanto segue: nella sua breve storia la Cecenia ha avuto quattro presidenti, di cui tre uccisi, mentre il quarto e ancora vivo – Alu Alkhanov, imposto da Mosca – ha una legittimità discutibile. Come dire che è scomparso dalla carta dell’Europa contemporanea un territorio con una situazione militare e politica complicatissima e una guerra terribilmente cruenta in atto.
C’è un altro particolare di grande importanza per la storia: Aslan Maskhadov è morto, come migliaia di altri uomini e donne ceceni, a causa della delazione di altri ceceni. Una delazione avvenuta in seguito a torture, cioè al metodo per ottenere informazioni e condurre indagini usato sia durante la prima sia durante la seconda guerra cecena. Ciò fa di Maskhadov un uomo che ha condiviso le sorti del suo popolo, come vorrebbe fare ogni vero leader. E questo significa che con ogni probabilità resterà nella memoria dei ceceni come un grande martire, indipendentemente da quanto ha fatto in passato.
L’unica tregua
Cosa succederà in Cecenia con la fine dell’era Maskhadov? Per riuscire a capirlo bisogna ricordare un’altra circostanza: Maskhadov è morto durante la lunga tregua unilaterale da lui stesso dichiarata il 14 gennaio. Una tregua che, anche se non ha avuto un grande successo, resta comunque l’unica nella storia della seconda guerra cecena; era una mano tesa verso il Cremlino per l’avvio di trattative sul cessate il fuoco, la demilitarizzazione e la reciproca consegna dei criminali di guerra.
L’uccisione di Maskhadov significa che la tregua è terminata. Scordatevela, completamente. Non ci saranno trattative. Non ci sarà più bisogno del comitato delle madri dei soldati russi, che aveva cercato di negoziare con gli uomini di Maskhadov. Non ci sarà bisogno di nessuna madre. Solo di guerre.
La pace in Cecenia si allontana fino a sparire dall’orizzonte. La causa (oltre al Cremlino, che è la radice di tutte le cause) va rintracciata nella situazione della resistenza cecena, al cui interno Maskhadov, quasi del tutto isolato, riusciva ancora a controllare i radicali più estremisti. Bisogna dirlo con chiarezza: gli estremisti sono convinti che con la Russia si può solo combattere e che bisogna farlo con ogni mezzo, compresi quelli di cui è stata data una dimostrazione a Beslan. Ora Maskhadov non potrà trattenere più nessuno. Si è creato un deserto tra i settori più moderati.
In compenso i radicali sono molti. Il ruolo di leader della resistenza cecena (indipendentemente da chi verrà nominato come tale dal comitato statale per la difesa dell’Ichkeria, che agisce in clandestinità) andrà al principale oppositore dei metodi moderati di Maskhadov. Il suo nome è Shamil Basaev. In conseguenza dell’uccisione di Maskhadov, organizzata dalle forze speciali dell’Fsb, tutte le leve del comando della resistenza andranno in mano a Basaev, la cui legittimità non è assolutamente convincente: Maskhadov ha lottato per essere riconosciuto come interlocutore delle trattative, Basaev farà in modo di essere l’unica controparte, ma senza trattative.
E questo vuol dire che in Cecenia restano due figure altrettanto sanguinarie e medievali, Basaev e Ramzan Kadyrov (capo paramilitare e vicepremier, figlio del presidente filorusso Akhmad ucciso il 9 maggio 2004). Tutti gli altri si troveranno tra questi due fuochi.
Cosa vuol dire “trovarsi tra due fuochi”? Vuol dire attentati terroristici. Gli islamisti, che già sono in clandestinità, scenderanno ancora più profondamente nei loro bunker. Dietro a Kadyrov c’è Putin. Chi c’è invece dietro a Basaev? Gli “arabi”, come piace dire ai federali russi in Cecenia? Dietro a Basaev non ci sono dei mercenari, e anche se ce ne fossero non sono loro a fare il bello e il cattivo tempo.
Dietro a Basaev c’è una resistenza che si sta radicalizzando sempre di più. Le sue fila sono alimentate soprattutto dalla gioventù cecena, che non sa vivere in altro modo se non prendendo parte ad azioni in cui muoiono martiri innocenti per sfuggire alle umiliazioni a cui è sottoposta di continuo dai federali russi. L’altro ambiente che alimenta il radicalismo è quello degli islamici in clandestinità. Più è dura la guerra, più la loro clandestinità si fa profonda. Aumentano continuamente e per ogni combattente ucciso se ne reclutano altri due.
Quello che è già successo in Cecenia, nella zona delle “operazioni antiterroristiche”, è avvenuto gradualmente anche nelle repubbliche del Caucaso del nord che circondano la Cecenia. E con l’aumentare nella società russa degli umori anticaucasici e antislamici (umori che si fanno sempre più intensi sotto la “saggia” guida del Cremlino), con le manovre sempre più stupide dell’Fsb per screditare l’islam, i gruppi clandestini non faranno che rafforzarsi. Se bisogna riassumere con una formula tutto quello che è successo negli ultimi anni, si può dire che con l’esempio della Cecenia il potere ha voluto dimostrare come sia pericoloso ribellarsi e ci è sicuramente riuscito.
Ma ha ottenuto in poco più di cinque anni un pericoloso effetto boomerang: moltissimi giovani musulmani non sono più disposti a essere persone di seconda classe e cercano rifugio nell’islam, chiudendosi sempre di più al mondo esterno.
Una stupida ostinazione
L’epoca della lotta ostinata e stupida contro Maskhadov, ex comunista ed ex colonnello dell’esercito sovietico avvicinatosi all’islam solo negli ultimi anni della sua vita, ha fatto sì che la generazione dei suoi figli più giovani non voglia più restare una generazione di musulmani moderati.
La bandiera di questi ragazzi è Basaev. Per lungo tempo il principale ostacolo sulla strada dei combattenti che agiscono in clandestinità è stato proprio Maskhadov. L’ostacolo ora è stato rimosso. La strada è libera. Tutto ciò fa comodo a Basaev, che l’ha sognato per dieci lunghi anni. E non ha alcuna importanza il fatto che Basaev non abbia legittimità. A lui interessa solo preparare azioni di sabotaggio contro la Russia.
La morte di Maskhadov, ucciso a Tolstoj-Yurt, è per Basaev la migliore conferma del suo slogan: con la Russia non si può trattare, con la Russia si può solo combattere. Con ogni mezzo.
Internazionale, numero 582, 17 marzo 2005
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