Tanto vale ammetterlo. L’attitudine a risolvere problemi – anzi, ad affrontare correttamente problemi, intercettandone cause, natura e implicazioni per risolverli poi in modo efficace - non fa parte del nostro dna nazionale.

Un esempio recente è stata la circolare scritta dal Miur, il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, insieme a provincia di Milano, assessorato all’istruzione e all’edilizia scolastica della regione Lombardia e Ufficio scolastico regionale. E poffarbacco: sono tre enti autorevoli, guidati da persone competenti, intelligenti e accurate. No?

Il problema sollevato della circolare è semplice: mancano i soldi necessari a comprare il gasolio per riscaldare le scuole. La soluzione è altrettanto semplice: passiamo da sei giorni di scuola a cinque, anche per le superiori. E voi che ne dite, care istituzioni scolastiche?

Ma tra problema e soluzione ci sono diciannove righe di argomenti sconclusionati (compreso un “in questo modo ci mettiamo in linea con i principali stati europei”. Già, grazie alla penuria di gasolio), espressi in un italiano discutibile.

Per esempio, si parla di una “problematica che investe il problema” (e povero problema, chissà se stava camminando sulle strisce) e dell’esigenza di raggiungere una “più ottimale” organizzazione: super-superlativa, insomma.

Se volete leggere l’intero testo e qualche ulteriore commento acido trovate tutto qui.

Se volete proprio farvi del male e andare a pesca di tutti gli altri errori di grammatica, eccovi il commento di Michele Cortelazzo. Se invece vi viene in mente il Nanni Moretti che sbotta “chi parla male pensa male”, be’, come darvi torto?

Della propensione italiana a risolvere problemi per scorciatoie e vie traverse abbiamo già parlato in questo post. E, poffarbacco, lo ripeto: la capacità dei nostri studenti nel problem solving, così come l’ha rilevata Ocse Pisa, è una delle più basse d’Europa. Ma, aggiungo: se le istituzioni scolastiche per prime pensano, e parlano, in maniera sgangherata, c’è poco da sperare che gli studenti facciano di meglio, se non grazie a qualche intrepido prof.

È Forbes, in un articolo di qualche tempo fa, a ricordare un magnifico detto di Albert Einstein: “If I had an hour to solve a problem I’d spend 55 minutes thinking about the problem and five minutes thinking about solutions”.

Ma per esaminare un problema ci vogliono determinazione, metodo, parole chiare e pensieri limpidi. Se il problema si trasforma in una problematica del problema, la sfida è già persa prima ancora di aver cominciato ad affrontarla.

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