Parole più semplici per questioni complesse
Se temete di sputacchiare mentre cercate di dire stepciàild adòpscion, se bailìn continua a ricordarvi un colorito intercalare genovese, se inciampate pronunciando volàntari disclòscia, se smartuòrchingh vi sembra oscuro e se associate otspòt ben che vada a internet, e mal che vada al porno, questo articolo è per voi.
Da qualche mese un nuovo pacchetto di termini inglesi è entrato di prepotenza nel linguaggio governativo e mediatico. Rimandano a questioni complesse e spesso controverse. Il fatto che le parole per nominare le questioni siano difficili da pronunciare, strane da sentire e oscure da capire non aiuta.
Provate a guardare su Google Trends, lo strumento di Google che analizza l’andamento delle ricerche in rete: scoprirete che, per ciascuno di questi termini (e a eccezione di hot spot) si registra una piccola o grande impennata di richieste proprio negli ultimissimi mesi.
La buona notizia è che presso l’Accademia della Crusca si è costituito di recente il gruppo Incipit, il cui obiettivo è monitorare neologismi e forestierismi incipienti, scelti tra quelli che hanno rilievo in campo civile e sociale, e suggerire (ehi, ho scritto “suggerire”: non c’è alcuna tentazione autoritaria) tempestive e praticabili alternative italiane, utili per rendere più facile e comprensibile il dibattito pubblico e le scelte governative.
Finora il gruppo ha preso in esame cinque termini emergenti. Eccoli, nell’ordine in cui sono stati considerati, accostati alle parole italiane che potrebbero corrispondergli.
Hot spot, cioè centro di identificazione. Come segnala Google Trends, usiamo la locuzione hot spot da diversi anni, ma la usiamo a proposito di connessioni in rete: i centri per identificare i migranti non… c’entrano niente.
Ma, come rileva Incipit, in inglese hot spot vuol dire anche “locale alla moda”, e in italiano la parola hot appare in contesti ludici, sessuali e alimentari. Per questo _hot spot__,_ nella nuova accezione, “risulta offensivo ed elusivo” rispetto alla realtà della cosa designata. Più rispettoso e più trasparente dire “centri d’identificazione”.
Voluntary disclosure, cioè collaborazione volontaria. Interessante scoprire che il picco di ricerche su questo termine copre le tre regioni del nordovest, con un’accentuazione in Liguria. La prima delle città italiane per intensità di ricerca è però Como, seguita da Genova, Milano, Torino e Bergamo.
Incipit dice che voluntary disclosure, che indica l’operazione con cui si dichiarano al fisco capitali indebitamente detenuti all’estero, va abbandonato: è un forestierismo “crudo, oscuro e difficile da pronunciare”. Molto meglio dire “collaborazione volontaria”, espressione già usata dalla legge 2014 numero 186 e dall’agenzia delle entrate.
Smart working, cioè lavoro agile. È una nuova forma di telelavoro, oggetto di un disegno di legge approvato lo scorso gennaio dal consiglio dei ministri. Per fortuna anche i quotidiani sembrano orientati ad adottare la corrispondente formula italiana “lavoro agile”. Incipit registra con soddisfazione e ringrazia giornalisti e addetti ai lavori che, per una volta, non si sono abbandonati senza riserve al forestierismo.
Bail in, cioè salvataggio interno. Il termine è stato affannosamente cercato tra Toscana e Marche, e poi in Emilia-Romagna e in Veneto.
L’espressione inglese, peraltro gergale, indica il salvataggio di una banca in difficoltà con l’uso forzoso di soldi dei clienti della banca medesima. Gli istituti bancari, nota Incipit, hanno comunicato la novità a investitori e correntisti con spiegazioni esageratamente lunghe, oscure e verbose. L’uso del termine italiano aiuta a capire meglio la sostanza della questione.
Stepchild adoption, cioè adozione del configlio. Su questo termine il gruppo Incipit ha discusso davvero a lungo. Un bell’articolo di Michele Cortelazzo segnala che perfino in inglese la locuzione è di scarsissimo uso e dà conto di tutti gli elementi presi in considerazione: in primo luogo c’è bisogno di distinguere il figlio della coppia dal figlio di uno solo dei componenti.
E poi. La parola figliastro ha connotazioni dispregiative (poetastro, riccastro, giovinastro…) e la perifrasi “adozione del figlio del partner” è lunga (31 caratteri spazi inclusi: difficile farci un titolo di giornale). Francesco Sabatini, presidente onorario della Crusca, propone il neologismo configlio.
Tutte le nuove parole suonano strane, ed è difficile dire oggi se configlio sarà accolta e fatta propria dagli italiani. Ma ha una sfumatura affettiva e antica che potrebbe non dispiacere. E, tutto sommato, non sarebbe male se ogni tanto anche noi avessimo la forza e la lungimiranza per trovare nuove parole, evitando di importarne alcune che nemmeno riusciamo a pronunciare.