Come e perché questa è l’età dell’ansia
“Se non siete ansiosi e abitate sul mio stesso pianeta, allora vorrei tanto sapere che cosa nascondete nell’armadietto delle medicine”, scrive Laurie Penny in un articolo acuto e brillante (le due cose non sempre vanno insieme) tradotto nel numero 1232 di Internazionale con il titolo Una generazione di ansiosi.
L’ansia è una condizione di disagio psicologico. Ed è una condizione ambientale: si riferisce a una indistinta, ma pressante, sensazione di allarme. C’è dentro preoccupazione, paura, la tensione fisiologica del corpo che, in vista di un potenziale pericolo, si prepara ad attivare la reazione di attacco o fuga (fight or flight).
David Spiegel, docente di psichiatria alla Stanford university, dice che tra ansia e stress c’è una differenza fondamentale: mentre lo stress è riferito a un fatto specifico, ed è associato a nervosismo e frustrazione, l’ansia è riferita a una più generale situazione di vulnerabilità.
L’ansia è solo un sintomo
Penny parla dei giovani nell’America di Trump, che di sicuro hanno più di un motivo per essere ansiosi. Del resto, una recentissima ricerca dell’American psychological association dice che quasi due terzi degli americani (non solo i giovani, dunque) sono in ansia per il futuro del paese. È il livello più alto mai raggiunto: maggiore che durante la seconda guerra mondiale, la guerra del Vietnam, la crisi dei missili di Cuba e l’11 settembre.
“L’ansia è uno stile di vita per la generazione Y. In un mondo insicuro, è una sorpresa?”, titola il quotidiano The Guardian. La testata è britannica, ma l’articolo è scritto dall’australiano Simon Copland (e con ciò abbiamo già toccato tre continenti). Copland elenca una serie di cause possibili: insicurezza del lavoro, difficoltà di trovare una casa, instabilità dell’economia e del reddito individuale, cambiamento climatico. Aggiunge che diverse ricerche evidenziano come l’insicurezza (sul lavoro o la casa, per esempio) sia ancor peggiore, in termini di ansia generata, di una perdita reale.
A pensarci bene, la cosa ha un senso: se qualcosa di brutto capita effettivamente, ci si può attivare per reagire. Ma il permanente timore che qualcosa di brutto possa capitare è più difficile da gestire.
Qualsiasi notizia ormai raggiunge chiunque, subito e in qualsiasi istante
In realtà, scrive Copland, la situazione è ancora più complicata di come appare: la rottura delle reti di solidarietà e di vicinato, l’isolamento e la solitudine individuale, la crisi dei valori che per decenni hanno orientato lo sviluppo della società occidentale tolgono punti di riferimento e accrescono l’incertezza. L’ansia individuale (o generazionale) è solo un sintomo, e curare quello non basta. Bisogna rimuovere le cause, e trovare soluzioni a lungo termine.
Mica facile, però.
Il New York Times Magazine sottolinea che l’ansia è un dono – si fa per dire – dei tempi più recenti: se gli anni novanta sono stati tendenzialmente depressi, l’età contemporanea, e in primo luogo i suoi giovani, sono costantemente preoccupati e agitati. Del resto, oramai è difficile perfino dire “dove finisce lo stato ansioso individuale e dove cominciano le notizie dal mondo reale”.
Rimedi sensati e praticabili
D’altra parte, fino a una manciata di decenni fa le persone avevano da preoccuparsi solo di ciò che le poteva coinvolgere direttamente. Ora, tutto quanto succede nel mondo riguarda tutti, dato che qualsiasi notizia ormai raggiunge chiunque, subito e in qualsiasi istante. E di solito si tratta di cattive notizie, dato che le buone hanno meno impatto e, quindi godono, a parità di rilievo, di minore diffusione.
L’ansia non è razionale. Non è coerente. Consuma un sacco di energia. È polivalente, e si può applicare a qualsiasi cosa: si può essere contemporaneamente ansiosi per le possibili conseguenze del riscaldamento globale e per un invito a cena con gente che non si conosce. Tra l’altro, si può perfino essere ansiosi sul fatto di essere ansiosi.
Per evitare che questo articolo concorra a sua volta a suscitare ansia sull’ansia, concludo con alcuni dei più sensati e praticabili rimedi a disposizione, tra quelli suggeriti da undici esperti. Primo tra tutti, riconoscere lo stato d’ansia e accettarlo. Rallentare. Concedersi pochi minuti seduti, a non fare nient’altro che respirare.
Poi: proteggersi dal bombardamento delle notizie e permettere a se stessi di allentare, ogni tanto, la vigilanza. Accorgersi delle cose buone che succedono. Occhio: sembra che l’alcol riduca l’ansia, ma non è proprio così. E ancora: stringere le reti di sostegno (parenti, amici) e condividere. Prendersi cura di sé (cibo, sonno, esercizio fisico). Trovare occasioni per farsi una risata.
Sembrano cose da niente. Ma proprio perché l’ansia è di origine ambientale e non ha un oggetto preciso, modificare (o allentare anche per poco) i propri legami con l’ambiente, o immettere nell’ambiente valenze positive, o valorizzare quelle che ci sono, può funzionare.
Un articolo di Quartz aggiunge alcuni tasselli importanti: l’ansia è un potente stimolo a darsi da fare e a produrre soluzioni creative. E poi: anche se provare ansia non è piacevole, non bisogna dimenticare che, sotto il profilo individuale, l’ansia è tendenzialmente associata all’onestà, all’attenzione ai dettagli, all’essere fortemente motivati, alla ricerca dell’eccellenza e alla sensibilità ai bisogni altrui. Come se l’ansia fosse quasi un pedaggio da pagare per essere persone capaci e, soprattutto, brave persone.