Il lato luminoso della noia
La noia, scrive Scientific American, è una faccenda tutt’altro che noiosa, e sta progressivamente catturando l’interesse degli scienziati. Il motivo è semplice: la noia può influenzare in modo significativo il nostro modo di comportarci: per esempio, può farci mangiare più del necessario. O può incoraggiare una guida spericolata, e in generale i comportamenti arrischiati. Inoltre, influisce negativamente per un impressionante 25 per cento sulle prestazioni degli studenti (è lo stesso influsso esercitato, in positivo, dall’intelligenza innata).
La noia è da molti percepita come un cocktail amarognolo di senso di vuoto, demotivazione e malinconia.
Ci annoiamo quando ci sembra che attorno a noi non ci sia niente di interessante da fare (o quando siamo costretti a svolgere un compito monotono). Quando ci annoiamo ci sentiamo anche inutili: non è una bella sensazione. E poi: la noia altera il nostro senso del tempo (gli attimi sembrano ore). Anche questo è destabilizzante.
Misurare la noia
Insomma: la noia sembra essere proprio una condizione da evitare, potendo. Infatti tendiamo a riempire i nostri tempi vuoti, e potenzialmente noiosi, di passatempi e intrattenimenti: qualcosa da fare quando non abbiamo niente da fare.
Per studiare bene una cosa bisogna riuscire a misurarla. Già alla fine degli anni ottanta, i ricercatori mettono finalmente a punto una scala per misurare la noia (Bps– Boredom proneness scale). La prima evidenza emersa dalla sua applicazione è questa: esistono sia situazioni noiose, sia persone che si annoiano più facilmente e frequentemente di altre.
Si tratta di due distinti, e per certi versi opposti gruppi di persone. Da una parte, la noia affligge gli individui più impulsivi, iperattivi e meno dotati di autocontrollo. Dall’altra, tendono ad annoiarsi molto anche le persone più propense a mettersi sempre al riparo da tutto, e a non uscire mai dalla propria comfort zone.
La paura riguarda il futuro, il rimpianto riguarda il passato, la noia riguarda sempre il presente
Un’ampia sintesi delle ricerche esistenti sul tema, uscita su Perspectives on Psychological Science, ci dice che comunque la noia è una condizione che, con maggiore o minor frequenza, affligge il 90 per cento degli individui.
E ancora: la noia può rendere le persone inerti o irritabili. Accresce il loro senso di costrizione. Aumenta nelle situazioni che non si possono modificare e in cui ci si sente intrappolati.
Un punto interessante riguarda la relazione tra noia e tempo: mentre alcune emozioni spiacevoli (per esempio, la paura) possono riguardare il futuro, e altre (per esempio, il rimpianto) possono riguardare il passato, la noia riguarda sempre il presente.
Orientare l’attenzione
Ma anche l’attenzione riguarda il “qui e ora”. Si sta attenti “adesso”, così come ci si annoia “adesso”. Infatti la noia è strettamente connessa con la capacità di gestire e orientare l’attenzione, e diminuisce quanto più si trova qualcosa a cui vale la pena di stare attenti.
La maggior parte dei ricercatori (è ancora Scientific American ad affermarlo) concorda sul fatto che le persone siano disposte a darsi molto da fare per alleviare la noia: “La spinta a non annoiarsi può diventare così forte da far sì che le persone scelgano coscientemente di vivere un’esperienza spiacevole come alternativa”.
Per esempio: per ridurre la noia degli studenti di fisica, la Advanced Distributed Learning Initiative, un’azienda che sviluppa strumenti educativi per il dipartimento della difesa degli Stati Uniti, si è addirittura inventata un programma informatico che insulta chi sbaglia risposta alle domande, e loda maliziosamente chi dà risposte corrette.
Sembra che tutto ciò abbia convinto gli studenti a dedicare più tempo all’apprendimento per il semplice fatto che “gli insulti introducono un elemento di novità e contrastano la noia”.
Eppure.
Eppure se la noia continua ad affliggerci, deve pur avere qualche tipo di utilità evolutiva, no? Dopotutto, la paura ci aiuta a evitare rischi futuri, la tristezza e il rimpianto ci aiutano a evitare di ripetere gli errori del passato.
Che ci possiamo dunque fare, con la noia?
Eccoci al punto: la noia (è quanto afferma Heather Lench, psicologa alla Texas University) ci spinge a tirar fuori la nostra curiosità. E la curiosità è uno dei nostri beni più preziosi perché ci guida a cercare nuove opportunità. Al livello collettivo, è un grande motore di conoscenza. Al livello individuale, è un fattore di benessere e di salute mentale, anche in tarda età.
Ma non solo. Il fatto che ci stiamo annoiando, e che annoiarci non ci piace, può spingere la nostra mente a essere, per reazione alla monotonia, più creativa.
Tutto questo però succede a patto che non cerchiamo di contrastare la noia ricorrendo a gratificazioni istantanee (controllare per l’ennesima volta lo schermo del cellulare, aprire per l’ennesima volta il frigorifero).
Come se fosse la prima volta
Per chiarire il concetto, vi riporto qui un curioso esperimento che stabilisce una relazione diretta tra creatività e noia.
In una situazione di laboratorio, un gruppo di persone è coinvolto in un compito sommamente noioso (selezionare a uno a uno per colore i fagioli contenuti in una coppa).
Questo stesso gruppo è in seguito coinvolto in un compito che riguarda la produzione di idee creative. E ottiene risultati assai migliori di quelli ottenuti da un gruppo di controllo, costituito da persone che in precedenza sono state impegnate in un’attività divertente.
In sostanza, è come se il cervello annoiato cercasse una rivalsa. Se appena gli offriamo l’opportunità di cimentarsi, si dimostra più attivo. Più energico, e più vispo. Più capace di risolvere problemi.
Se accettiamo la sfida della noia potremmo perfino scoprire che nell’annoiarsi c’è un lato luminoso. E potremmo cominciare a usare consapevolmente la noia come carburante per alimentare la nostra curiosità e la nostra attitudine a inventare.
Lavoriamo sulla nostra capacità di prestare attenzione. A che cosa? A un dettaglio. A una storia che leggiamo, che ascoltiamo o che ci viene in mente. A un ricordo. A qualcosa che merita di essere aggiustato. A qualcuno, che potremmo provare a guardare come se fosse la prima volta.
Anche dentro una stanza possiamo scoprire, o immaginare, un mondo intero.
Andrà tutto bene.