Sisifo, il re di Efira, era famoso nella mitologia greca per la sua ingegnosità; era infatti così intelligente da ingannare la morte due volte, facendo arrabbiare gli dèi. Questi si vendicarono condannando Sisifo a un tormento eterno negli inferi: doveva far rotolare un enorme masso fino alla cima di una collina. Quando arrivava in cima, il masso rotolava di nuovo verso il basso e lui doveva ricominciare tutto da capo, all’infinito.
Al giorno d’oggi, qualsiasi compito che combini tedio, lotta, stress e inutilità può essere definito un “supplizio di Sisifo”. Pensate ai cosiddetti duct-taper, cioè quelli che lavorano per un servizio clienti e che hanno il compito di trattare con persone arrabbiate tutto il giorno, mentre intanto le condizioni che creano questa aggressività dei clienti non cambiano mai. Ho usato questa espressione per descrivere il mio precedente lavoro come suonatore di corno francese in un’orchestra sinfonica professionale (fatta al 99 per cento di noia e all’1 per cento di terrore). Si potrebbe anche affermare che tutta la vita è un supplizio di Sisifo: mangiamo per avere di nuovo fame e facciamo la doccia per sporcarci di nuovo, giorno dopo giorno, fino alla fine.
Assurdo, non è vero? Albert Camus, filosofo e padre di un’intera scuola di pensiero chiamata assurdismo, la pensava così. Nel suo libro del 1942, Il mito di Sisifo, Camus individua in Sisifo l’icona dell’assurdo, notando che “il suo disprezzo per gli dèi, il suo odio per la morte e la sua passione per la vita gli valsero quella pena indicibile in cui tutto l’essere è proteso verso il non realizzare nulla”. Se questo non vi fa venire voglia di accendervi una sigaretta senza filtro, non so cosa possa farlo.
Cambiare prospettiva
Sarebbe facile concludere che una visione assurdista della vita escluda la felicità e porti chiunque abbia un po’ di buon senso a disperare per la propria esistenza. Eppure, nel suo libro, Camus conclude che “bisogna immaginare Sisifo felice”. Può sembrare impossibile, ma in realtà questa svolta inaspettata nella filosofia della vita e della felicità di Camus può aiutarvi a cambiare prospettiva e a vedere le vostre lotte quotidiane in modo nuovo e più equanime.
La sofferenza infinita e l’infelicità sono intese come temi dominanti della vita nelle filosofie d’oriente e d’occidente. La prima nobile verità del buddismo è che la vita è sofferenza. Allo stesso modo, il filosofo cristiano del diciassettesimo secolo, Blaise Pascal, scrisse della nostra “costante infelicità” e dei futili sforzi per combatterla: “Gli esseri umani cercano il riposo lottando contro le difficoltà; e quando le hanno vinte, il riposo diventa insopportabile”. In entrambe le tradizioni, la felicità non è che una breve interruzione del triste ritmo della vita.
Invece di provare disperazione per la futilità della vita, Camus ci dice di accettarne la sua dimensione ridicola
Data la visione assurdista di Camus, si potrebbe pensare che l’autore approvasse una simile prospettiva, nella convinzione della naturale bruttezza della vita. Ma non è così. È vero anzi il contrario. Nel suo libro Camus riconosce la futilità del compito di Sisifo e i suoi ovvi parallelismi con la nostra vita ordinaria. Ma sostiene che, nonostante le difficoltà di questo mondo, e apparentemente contro ogni probabilità, gli esseri umani sperimentano regolarmente la vera felicità. Le persone in circostanze terribili si crogiolano nell’amore reciproco. Godono di semplici svaghi. Perfino Sisifo era felice, secondo Camus, perché “il suo stesso sforzo per raggiungere una vetta è sufficiente a riempire il cuore di un essere umano”. In poche parole, aveva qualcosa che lo teneva occupato.
Questa conclusione porta Camus a una strategia di vita che è totalmente in contrasto con la maggior parte dei filosofi esistenzialisti degli ultimi due secoli. Invece di provare disperazione per la futilità della vita, Camus ci dice di accettarne la sua dimensione ridicola. È l’unico modo per arrivare alla felicità, l’emozione più assurda di tutte, date le circostanze in cui viviamo.
Non dovremmo cercare di dare un significato cosmico alla nostra incessante routine: comprare, spendere, mangiare, lavorare, spingere i nostri piccoli massi sulle nostre piccole colline, dice. Dovremmo invece ridere di gusto del fatto che non c’è alcun significato, ed essere comunque felici. La felicità, per Camus, è una dichiarazione d’indipendenza esistenziale. Invece di consigliare “non preoccuparti, sii felice”, offre un ribelle “dì all’universo di girare altrove, sii felice”.
Se accettare il ridicolo vi sembra impossibile, Camus dice che è solo a causa del vostro orgoglio. “Coloro che antepongono i loro princìpi alla loro felicità, rifiutano di essere felici al di fuori delle condizioni che gli sembrano imprescindibili per esserlo”, scrisse qualche anno dopo il suo saggio su Sisifo. Inoltre, “se si sorprendono a essere felici, si scoprono impotenti, infelici perché sono stati privati della loro infelicità”. Il consiglio pratico che segue è chiaro: se avete un momento di felicità inspiegabile in un mondo difficile, vivetelo senza pensarci troppo.
Dovremmo essere in grado di fare di meglio che affidarci alla serendipità per ottenere una felicità occasionale. La realtà è che ognuno di noi può mettere in pratica consapevolmente l’assurdismo di Camus per forgiarsi una vita più felice. Ecco tre modi pratici per trovare felicità nel ridicolo.
Resistere al tedio
Quando si prova un’insoddisfazione esistenziale – la sensazione che tutto sia privo di significato – arrendersi può sembrare la strategia più semplice. Ma è qui che dovrebbe entrare in gioco l’invito di Camus a ribellarsi. Non si può necessariamente cambiare la propria percezione del mondo, ma, come ho scritto, si può certamente cambiare il proprio modo di reagire a tale percezione. Affrontate la sensazione di disperazione con un motto personale, per esempio “non so che senso abbia tutto questo, ma so di essere vivo in questo momento e non sprecherò questo momento”. Ripetetelo ad alta voce, in modo da poterlo comprendere pienamente e consapevolmente.
Cercate occasioni per fare un po’ di bene
Il senso di inutilità cresce quando ci si concentra sulle grandi cose che non si possono controllare – guerre, disastri naturali, odio – invece che sulle piccole cose che si possono fare. Tra queste piccole cose c’è il portare un aiuto o un po’ di sollievo agli altri. Per esempio, se il vostro tragitto casa-lavoro è un incubo esistenziale che vi succhia l’anima, non ruminate sulle auto ferme davanti a voi. Concentratevi piuttosto sul fare spazio a quel povero idiota bloccato nella corsia sbagliata che sta disperatamente cercando di accodarsi. Se siete seduti alla vostra scrivania e vi chiedete se qualcuno si accorgerebbe se smetteste di fare il vostro lavoro, portate una tazza di caffè fresco al collega del cubicolo accanto e godetevi il piacere che questa piccola gentilezza fornisce a entrambi.
Siate pienamente presenti
L’assurdità tende a fare male solo se la osserviamo “dall’esterno”. Per esempio, quando pensate a quanto sia stato insensato lavare i piatti tutti i giorni in passato solo per ritrovarli sporchi proprio ora, e poi immaginate gli innumerevoli lavaggi di piatti che ci saranno nel resto della vostra vita. Ci si sente più a proprio agio affrontando l’assurdo in modo consapevole. Questo è il punto che il monaco buddista vietnamita Thich Nhat Hanh ha sottolineato quando ha scritto: “Mentre si lavano i piatti si dovrebbero lavare solo i piatti, il che significa che mentre si lavano i piatti si dovrebbe essere completamente consapevoli del fatto che si stanno lavando i piatti”. Quando il misterioso dipanarsi dell’esistenza vi si para davanti, concentratevi su questo momento e assaporatelo. Il piacere e il significato che potete trovare in questo momento sono reali; la mancanza di senso del futuro no.
Si può non essere d’accordo con i presupposti fondamentali di Camus sul mondo. Io, per esempio, credo che la vita non sia priva di significato e che ci sia uno scopo cosmico nel mio e nel vostro lavoro, e che l’amore e la vita trascenderanno questo involucro mortale. Credo che abbiamo una natura divina che conferisce alla mia e alla vostra esistenza un significato trascendentale.
Ma nelle mie giornate no, devo ammettere che dubito di tutto questo. Alcune mattine mi sveglio vedendo solo massi e non riesco ad affrontare la fatica di spingerli ancora una volta su per la collina. Potrei rimanere a letto a contemplare uno dei più deprimenti assiomi esistenziali di Kierkegaard: “A ogni aumento del grado di coscienza, e in proporzione a tale aumento, aumenta l’intensità della disperazione: più la coscienza aumenta, più la disperazione è intensa”. Ma rimanere a letto a pensare a questo ci fa sentire ancora più simili a Sisifo.
Sono questi i giorni in cui il mio vecchio amico Camus mi torna utile. Invece di disperarmi per l’assurdità della vita, mi abbandono a essa, ne rido e comincio la giornata con uno stato d’animo leggero. Poi raccolgo i miei amati massi e mi avvio verso la collina più vicina.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sulla rivista statunitense The Atlantic.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it