Ci sono due modi di definire le politiche che hanno appena provocato una crisi di governo in Francia. Possiamo chiamarle misure “d’austerità” oppure “di risanamento dei conti pubblici”. Evidentemente la seconda definizione presuppone una valutazione positiva, a differenza della prima.
A prescindere dalle parole, comunque, i provvedimenti per la riduzione del deficit e delle spese di bilancio sono stati accettati dai paesi dell’Unione europea, che le considerano necessarie e benefiche a prescindere dal merito. Ma come dobbiamo valutarle? Sono positive o negative? Vanno abbandonate o seguite?
In Francia come altrove, questa considerazione è al centro del dibattito politico, ma in realtà la domanda è mal posta. Il buon senso ci dice che i paesi europei non possono continuare a vivere al di sopra dei loro mezzi, perché questo atteggiamento porta dritto a quel fallimento che Grecia, Spagna e Portogallo hanno evitato soltanto a prezzo di enormi sacrifici. Per quanto spiacevole, questa è una verità incontestabile. Ma è altrettanto vero che la riduzione delle spese pubbliche aumenta la disoccupazione, riduce gli investimenti, penalizza l’attività e di conseguenza diminuisce gli introiti fiscali, contribuendo ad accrescere il debito anziché ridurlo.
Ma allora hanno tutti torto? Al contrario, hanno tutti ragione. La verità è che bisogna ridurre le spese per il funzionamento dello stato e investire nelle infrastrutture, nella ricerca e nell’industria del futuro, tagliando i settori improduttivi e favorendo quelli che hanno una buona prospettiva per l’avvenire. Abbiamo bisogno di risparmi sostanziali e dolorosi ma anche di grandi investimenti, talmente importanti che i paesi europei non possono garantirli singolarmente.
Soltanto cooperando nel settore pubblico e privato gli stati europei potranno andare avanti. Se l’economia istituzionale è appannaggio dello stato, infatti, gli investimenti devono essere collettivi e dunque europei. Oggi non dobbiamo opporre gli investimenti alla riduzione delle spese, ma seguire le due strade contemporaneamente, a livello nazionale ed europeo. Il presidente francese François Hollande sta cercando di fare proprio questo.
Se Hollande è così determinato a tagliare le spese non è soltanto perché è indispensabile, ma anche perché è l’unico modo per convincere gli altri europei a investire insieme nel futuro. Tuttavia Hollande ha un difetto che nuoce a lui stesso, alla Francia e all’Europa intera: sembra incapace di farsi capire, di difendere una visione e di stringere alleanze nazionali ed europee presentando un piano politico preciso. Esiste un mistero Hollande, e questo mistero è sempre più un problema.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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