Fino a domenica, quando un sondaggio ha concesso per la prima volta due punti di vantaggio agli indipendentisti, nessuno credeva a una vittoria del “sì” in occasione del referendum sull’indipendenza della Scozia del prossimo 18 settembre.

Il trionfo del “no” sembrava un finale già scritto, ma ora non è più così. Nelle ultime due settimane il fronte del “sì” ha continuato a rimontare a grande velocità. Gli unionisti sono ormai in preda al panico, e il governo di Londra ha appena annunciato che mercoledì prossimo presenterà un piano per concedere una larga autonomia alla Scozia, sostenuto dai laburisti e dai liberaldemocratici.

L’indipendenza della Scozia è uno scenario impensabile che ora diventa possibile. Ma quali sono le ragioni e le possibili conseguenze di questa svolta?

La prima causa dell’aspirazione indipendentista, che nel 2011 aveva già regalato al Partito nazionale scozzese (Snp) la maggioranza assoluta al parlamento di Edimburgo, è che il paese ha sempre conservato una forte identità e un ricordo vivo dell’epoca in cui in Europa aveva una voce autonoma. Diversamente dalla Francia, il Regno Unito non è una realtà fondamentalmente compatta, ed è su questo sfondo storico che sono emerse altre due cause della spinta indipendentista: il petrolio e la politica.

Nonostante il petrolio del Mare del nord sia sempre più difficile da estrarre e le riserve non siano inesauribili, un numero crescente di scozzesi pensa che il greggio potrebbe consentire la costituzione di un fondo sovrano simile a quello della Norvegia, permettendo al paese di investire nel futuro e proteggere uno stato sociale sempre più a rischio nel Regno Unito. Nettamente più socialisti ed europeisti rispetto al resto dei britannici, gli scozzesi vorrebbero la creazione di un tesoro nazionale che possa garantire la sopravvivenza di un modello sociale a cui sono molto affezionati.

Al di là delle motivazioni, comunque, la Scozia potrebbe portare alle estreme conseguenze un’evoluzione in corso in altre zone dell’Europa e del mondo: la fratturazione identitaria provocata dalla globalizzazione. In un’epoca in cui l’utilità dello stato viene messa in dubbio, infatti, ogni popolo vuole giocarsi le proprie carte.

Questo vale per la Catalogna come per le Fiandre, ma anche per i sunniti e i curdi in Iraq e Siria. Le frontiere si sgretolano in un movimento collettivo che potrebbe plasmare questo secolo. In Europa potremmo assistere a un netto passo indietro o a un sensibile aumento dell’unità, a livello non tanto nazionale quanto continentale. Difficile prevedere quale tendenza prevarrà. Non ci resta che aspettare, come per l’esito del referendum in Scozia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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