Avete notato lo stupore collettivo per la sonda Rosetta e il suo robot Philae? Scommetto di sì, perché in questi giorni non si parla d’altro. Non soltanto sui giornali e in televisione ma anche in famiglia, nei bar, nelle terrazze, nei vagoni della metro. Ma qual è il senso di questa meraviglia?

A ognuno la sua risposta. Per conto mio, posso dire che questa giornata mi ha riportato all’infanzia. Davanti a questa macchina celeste, a questi scienziati animati dalla sete di conoscenza e a questa lenta progressione della sonda nel buio siderale ho rivissuto le emozioni di quando ero bambino e assemblavo le navi spaziali ed ero immerso nella lettura degli albi di Tintin Obiettivo luna e Uomini sulla luna. Allora mi chiedevo se avrebbero avuto abbastanza ossigeno fino al ritorno, e oggi ho provato la stessa emozione davanti all’atterraggio di Philae.

Per Rosetta ho avuto prima gli occhi del bambino, poi sono tornato adulto e mi sono detto che tutto questo fa del bene a tutti noi, ci fa uscire dalle guerre, dai deficit di budget, dall’umiliante mediocrità della politica e dall’odiosa derisione che invade le nostre vite e le colonne della stampa. Finalmente un po’ di slancio, grandi progetti, scoperte. Un po’ di entusiasmo per tutti.

Dieci anni! Rosetta è arrivata al termine di un viaggio di un decennio e sette miliardi di chilometri, a cui bisogna aggiungere lunghi anni di preparazione, ideazione e gestazione di questo sogno insensato. Rosetta è l’anti-Twitter, il lungo termine contro l’istantaneità. La determinazione di un progetto folle, con la sua lenta e meticolosa maturazione, contro la permanente corsa all’immediatezza che trasforma le leggi in risposte per il telegiornale della sera, gli uomini politici in autori di belle parole e la stampa in cassa di risonanza di reazioni senza criterio.

Viviamo a breve termine, dimentichi della necessità dei tempi dilatati. Ma ecco che alcuni scienziati, poeti nutriti di equazioni, invadono gli schermi per ricordarci che bisogna guardare avanti di dieci, venti, trent’anni. Non so voi, ma io li ho osservati con gioia mentre il 12 novembre festeggiavano il loro successo collettivo.

Rosetta e Philae hanno alimentato anche il mio nazionalismo europeo, l’orgoglio di vedere l’Europa unita realizzare qualcosa che i singoli paesi non avrebbero mai potuto realizzare da soli, una prodezza che ci ricorda quanto possiamo andare lontano se lavoriamo insieme. Basta solo un po’ di tempo, volontà e utopia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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