La Spagna e gli Stati Uniti sono stati colpiti molto più duramente di noi. A Madrid i morti sono stati quasi duecento, mentre nelle torri gemelle di New York ci sono state oltre tremila vittime. Eppure, nel 2001 e nel 2004 non abbiamo visto così tanti leader mondiali manifestare al fianco dei madrileni o dei newyorchesi, e non ci sono state così tante espressioni di solidarietà ai quattro angoli del mondo (18mila persone a Berlino, centinaia o migliaia ad Atene, Bujumbura o Beirut, ventimila a Bruxelles, venticinquemila a Montréal). La commozione, insomma, non è stata così grande e condivisa.

Evidentemente la Francia continua a occupare un posto speciale nel cuore del mondo. Ma perché? Prima di tutto perché, anche a due secoli di distanza, la rivoluzione francese permette ancora di identificare il nostro paese con i diritti umani, la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Noi francesi non siamo sempre stati all’altezza dei valori che rivendichiamo, ma anche quando lo stato ha fallito ci sono state grandi persone, grandi francesi, conosciute e rispettate nei cinque continenti e che hanno difeso i nostri ideali.

Poi ci sono stati il generale de Gaulle, l’appello del 18 giugno e la resistenza che hanno restituito alla Francia la sua aura prima che la diplomazia gaullista regalasse al nostro paese lo status singolare e nobile di potenza occidentale al di sopra dello scontro tra i blocchi e di paese indipendente e fiero che parlava per se stesso e per il resto del mondo.

Questi sono i motivi principali dell’enorme commozione internazionale, ma non sono gli unici. Oltre alla storia, infatti, c’è la straordinaria intelligenza collettiva dimostrata dai francesi compattandosi la sera di mercoledì, in silenzio, in lacrime e con una grandissima dignità nelle piazze delle loro città, a cominciare da place de la République a Parigi.

François Hollande ha espresso il sentimento nazionale invitando all’unità ed è stato assolutamente all’altezza del suo compito. Ma è stato tutto il paese a dare forma alla nostra reazione: il disprezzo per gli assassini, il rifiuto dell’odio, l’unanimità nel non voler confondere i barbari e l’islam, la forza di un paese che ha affrontato questa tragedia unito.

Se il mondo si è schierato al nostro fianco è perché ci siamo meritati l’ammirazione degli altri con la nostra solidarietà e con la nostra intelligenza collettiva che, a mio parere, ha un solo precedente, quello della Polonia di Solidarność.

La Francia è in declino? Oggi i teorici del nostro suicidio e i profeti della nostra fine devono abbassare il capo con vergogna davanti a una smentita così potente. È vero, stiamo attraversando un momento delicato, ma la Francia non è morta. Al contrario, è più viva e forte che mai. E i francesi devono esserne orgogliosi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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