Il calderone libico
Al centro dell’attualità internazionale c’è la situazione della Libia, che preoccupa più che mai i suoi vicini. Divisa, devastata, punto di partenza della maggior parte delle navi cariche di poveracci in fuga dal Medio Oriente, tormentata dai jihadisti dello Stato islamico (che hanno inviato i loro leader nel paese per stringere accordi con gruppi di estremisti rivali), la Libia in preda all’anarchia preoccupa prima di tutto l’Italia, sua ex potenza coloniale.
A Roma temono di non poter più gestire l’afflusso di disperati in arrivo dalla Libia e che i terroristi si mescolino ai rifugiati. Domenica la ministra della difesa ha addirittura parlato della possibilità di una partecipazione dell’Italia a una forza internazionale guidata proprio da Roma. Lunedì il primo ministro Matteo Renzi ha gettato acqua sul fuoco, ma l’Italia resta in prima linea in una vicenda diventata ai suoi occhi assolutamente prioritaria. A est della Libia, l’Egitto è impaziente perché assiste all’ascesa sul suo territorio di gruppi terroristici che collegano la penisola del Sinai alle regioni libiche e che potrebbero destabilizzare il paese approfittando delle tensioni interne, sia economiche sia politiche. È per questo che nella giornata di lunedì Il Cairo ha autorizzato l’acquisto di alcuni aerei da guerra Rafale dalla Francia e ha risposto con le bombe alla morte di 21 copti egiziani decapitati in Libia dallo Stato islamico.
A est l’Algeria è altrettanto preoccupata dal caos libico di cui potrebbe subire presto le conseguenze, mentre nel Golfo le monarchie petrolifere sono decise ad abbattere lo Stato islamico prima di esserne attaccate. Più a nord c’è anche la Francia, che condivide le preoccupazioni italiane per l’Europa e vorrebbe proteggere il Sahel dalle incursioni armate dei jihadisti provenienti dalla Libia. Sempre più vicina alle capitali arabe ed estremamente attiva, la Francia ricopre un ruolo fondamentale. Parigi è contraria a un intervento militare, perché in mancanza di un apparato statale e di una vera forza politica su cui fare affidamento il governo francese ritiene che un’azione armata sarebbe tanto pericolosa quanto inutile, perché un eventuale ripristino dell’ordine sarebbe soltanto temporaneo.
L’obiettivo della Francia, dal suo presidente alla sua diplomazia passando per i suoi servizi segreti e il suo esercito, è quello di riavvicinare l’Egitto, l’Algeria e il Ciad per costituire una coalizione regionale, favorendo nel frattempo l’affermazione di una forza politica libica che i paesi vicini possano aiutare a imporsi e domare l’anarchia.
Non sarà facile. La convivenza tra Egitto, Algeria e Ciad è molto complessa, come lo è trovare forze libiche su cui scommettere. L’anarchia non finirà domani e i suoi pericoli sono destinati ad aumentare. Intanto nella giornata di martedì l’Egitto riprenderà gli attacchi contro le postazioni dello Stato islamico in Libia.
(Traduzione di Andrea Sparacino)