Nonostante non abbiano niente in comune, le monarchie petrolifere e Cuba condividono ormai un alleato. Nello stesso momento (o quasi) hanno infatti deciso di stringere un rapporto privilegiato con la Francia.

Le monarchie sunnite lo hanno fatto per prendere le distanze dagli Stati Uniti, a cui rimproverano di essersi avvicinati eccessivamente all’Iran sciita e di aver messo in pericolo (almeno così sostengono) la loro sicurezza e influenza nella regione. Cuba, dal canto suo, l’ha fatto perché teme che la normalizzazione dei rapporti con Washington crei un legame troppo esclusivo con un vicino così potente che per anni ha spadroneggiato a L’Avana.

Per motivi diversi ma abbastanza affini, i sunniti arabi e i comunisti cubani hanno bisogno di un contrappeso agli Stati Uniti. Ma perché scegliere la Francia e non un’altra potenza?

Nel Golfo e nei Caraibi, la risposta è la stessa. La Francia ha grandi industrie capaci di soddisfare le necessità civili e militari dei nuovi alleati. Inoltre Parigi è un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ha un grande peso all’interno di quella superpotenza che è l’Unione europea. La Francia è allo stesso tempo una potenza politica, economica e militare, ma il vero motivo della scelta di sunniti e cubani va cercato nella singolarità francese.

Più di due secoli dopo la presa della Bastiglia, infatti, i cubani sono ancora sensibili al fascino della rivoluzione francese e alle sue ripercussioni a livello mondiale. È per questo motivo (e perché era anche lui un francofono e un francofilo) che Che Guevara si oppose personalmente alla chiusura dell’Istituto di cultura francese dell’Avana quando la rivoluzione nazionalizzò tutte le scuole, cubane e straniere. A Cuba l’immagine della Francia gaullista, indipendente nel campo occidentale, vicina ai paesi non allineati, pronta a tendere la mano agli stati comunisti e critica nei confronti dell’intervento militare americano in Vietnam, resta incredibilmente forte e positiva.

Le monarchie petrolifere non sono particolarmente sensibili a questo fascino, ma apprezzano il fatto che Parigi si sia opposta vigorosamente all’avventura irachena di George W. Bush, che abbia sostenuto i ribelli siriani (sunniti che combattono contro un regime alleato dell’Iran sciita) e abbia mantenuto un atteggiamento puntiglioso durante il negoziato sul nucleare iraniano.

Questa singolarità della Francia, che la differenzia chiaramente dalla Germania e dal Regno Unito, ha giocato un ruolo fondamentale all’Avana come a Riyadh. La Francia può ancora contare su un grande prestigio, come dimostra il fatto che l’India ha scelto apparecchiature francesi per equipaggiare il suo esercito. I prodotti francesi sono di qualità, certo, ma la scelta degli indiani deriva anche dal fatto che era meglio comprare dalla Francia che dagli Stati Uniti nell’ottica di un rapporto di forze con la Cina e il Pakistan.

Oggi la Francia non attraversa il suo miglior momento economico e politico, ma conserva alcuni assi nella manica che i francesi stessi a volte dimenticano, ma che dovrebbero utilizzare al meglio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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