Non è stata semplicemente una vittoria dei jihadisti. La presa della grande città irachena di Ramadi da parte dello Stato islamico, concretizzatasi domenica scorsa, evidenzia i cinque grandi problemi della guerra contro i terroristi.
Il primo problema è che l’Iraq non ha un esercito capace di controllare il suo territorio, perché ai tempi di Saddam Hussein tutti i funzionari erano sunniti (come lo era Saddam) ma questi funzionari sono stati cacciati dagli americani perché erano legati al vecchio regime. Questa decisione, una delle più stupide prese dall’amministrazione Bush, ha sostanzialmente distrutto l’esercito iracheno. In seguito gli Stati Uniti hanno stanziato centinaia di milioni di dollari per ricostruire le forze armate del paese, ma ancora oggi Baghdad non ha un esercito degno di questo nome.
Il secondo problema è che i vecchi quadri sunniti si sono uniti ai jihadisti (anche loro sunniti) non perché siano fanatici religiosi ma perché vogliono riaffermare il peso della minoranza sunnita rispetto alla maggioranza sciita, a cui le elezioni libere hanno affidato il controllo dell’Iraq.
L’esperienza militare è tutta dalla parte dello Stato islamico, mentre gli sciiti sono organizzati in milizie indipendenti da Baghdad e dal suo pseudo-esercito, libere di agire difendendo solo gli interessi della loro comunità e finanziate dall’Iran sciita. Non solo non esiste un esercito iracheno, ma ad animare lo scontro sono due armate che rappresentano le due comunità in conflitto.
Il terzo problema è che in assenza di un esercito nazionale le uniche forze irachene capaci di combattere lo Stato islamico sono proprio le milizie sciite. Dopo aver riconquistato Tikrit in inverno, gli sciiti sono gli unici a poter riconquistare Ramadi. Tuttavia le popolazioni sunnite non gradiscono il loro intervento, non perché amino i jihadisti ma perché gli sciiti vogliono assumere il controllo delle regioni sunnite, dove per questioni di affinità religiosa i jihadisti sono più radicati.
L’apparizione dello Stato islamico, la cui ambizione principale è quella di costituire uno stato sunnita a cavallo tra l’Iraq e la Siria, favorisce lo smembramento dei due paesi lungo confini confessionali, e a essere in discussione è ormai la sopravvivenza delle frontiere tracciate dai colonizzatori francesi e britannici.
Il quarto problema è che in questa battaglia i paladini del sunnismo e dello sciismo, rispettivamente l’Arabia Saudita e l’Iran, combattono entrambi i jihadisti dello Stato islamico ma lo fanno tenendo sempre presente il futuro rapporto di forze tra le due correnti dell’Islam.
Il quinto problema, infine, è che l’unico stato pronto a impegnare le sue truppe contro i jihadisti è l’Iran ma, se Teheran avviasse un’azione più robusta e a viso aperto, l’Arabia Saudita la percepirebbe come un’azione di guerra, e reagirebbe di conseguenza.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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