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Come si sono avvicinati Hollande e Putin per cambiare il regime in Siria

Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente francese François Hollande a Parigi, il 2 ottobre 2015. (Philippe Wojazer, Reuters/Contrasto)

Solo gli stupidi non cambiano mai idea. Per questo non ci sarebbe niente di male se dopo gli attentati del 13 novembre François Hollande avesse modificato la sua politica siriana. Ma le cose stanno davvero così?

Nicolas Sarkozy pensa di sì, come molti altri a destra e a sinistra. Il 18 novembre l’ex presidente ha parlato di uno “spettacolare cambiamento nella politica estera”, ma la verità è che Hollande si è riavvicinato alla Russia solo dopo che Mosca ha modificato la sua politica siriana e ha capito che un accordo di pace passa inevitabilmente per un’uscita di scena di Bashar al Assad.

Quando Putin ha deciso di intervenire in Siria aveva due opzioni: poteva tentare di restituire al presidente siriano i suoi poteri perduti o approfittare del suo ritorno sulla scena in Medio Oriente per facilitare un compromesso di pace e tornare al tavolo dei grandi abbandonando l’alleato di Damasco.

L’uscita di scena di Assad non è più un obiettivo immediato ora che sembra una logica conseguenza dei negoziati di Vienna

Inizialmente il Cremlino ha scelto la prima strada, bombardando sistematicamente le postazioni dei ribelli siriani che ha continuato a definire “terroristi” ed evitando di colpire quelle del gruppo Stato islamico. È stata una scelta coerente perché Mosca voleva poter dire al mondo che l’alternativa era tra i jihadisti e il regime, salvando in questo modo Bashar al Assad.

Il problema è che malgrado l’appoggio aereo della Russia e il sostegno sul campo degli iraniani le truppe siriane non sono riuscite a riguadagnare terreno. Mosca ha capito che Assad non era più una carta da giocare e che continuando a perseguire un obiettivo irraggiungibile avrebbe finito per inimicarsi tutto il mondo sunnita.

Così Putin ha cambiato orientamento, riavvicinandosi agli Stati Uniti per avviare il processo di pace di Vienna. La Russia ha già accettato la presenza nella capitale austriaca dei ribelli siriani (come anche l’Iran) puntando su una federalizzazione della Siria con elezioni a cui parteciperebbero i milioni di esiliati che di sicuro non voterebbero mai per Assad.

La Russia non ha ufficialmente scaricato Assad ma ha accettato l’idea di un voto che lo eliminerebbe attraverso le urne. Inoltre Mosca non definisce più l’insurrezione come una forza terrorista e finalmente ha cominciato a bombardare le postazioni dei jihadisti.

Siamo davanti a una svolta da parte della Russia, ed è solo dopo aver registrato le nuove intenzioni di Putin che Hollande gli ha teso la mano, il 16 novembre, proponendo la grande coalizione contro l’Is. La Francia – come gli altri europei, gli Stati Uniti e i paesi sunniti – non ha rinunciato all’allontanamento di Assad, ma l’uscita di scena del capo del regime non è più un obiettivo immediato ora che appare come una logica conseguenza del processo di Vienna.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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