L’improvvisa crisi dei partiti euroscettici
Per i partiti di estrema destra ed eurofobi la situazione è improvvisamente difficile. Queste forze sono in ascesa da molti anni ed erano state galvanizzate dal “sì” britannico all’uscita dall’Unione. Poi, nel giro di sei giorni, il patatrac, con una delusione dopo l’altra.
Il 13 giugno a Helsinki 22 deputati su 37 dei Veri finlandesi, partito eurofobo e ostile all’immigrazione, hanno deciso di rompere con il partito per fondarne un altro, Nuova alternativa. La loro scelta segue l’elezione alla guida del partito, sabato scorso, di un uomo condannato per incitamento all’odio razziale che non si è mai pentito, una nomina che aveva spinto il primo ministro centrista ad annunciare la fine della coalizione nata nel 2015 tra i conservatori e i Veri finlandesi.
A Helsinki si annunciava una crisi politica, che però è stata scongiurata perché la maggioranza dei deputati meno eurofobi dei Veri finlandesi ha preferito la stabilità di governo alla radicalizzazione del loro partito, che nei sondaggi non va oltre il 9 per cento dopo aver sfiorato il 18 per cento due anni fa. I Veri finlandesi sono in picchiata e si dividono tra la fedeltà all’estrema destra e il riavvicinamento alla destra tradizionale.
L’11 giugno, in Italia, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, uno dei due partiti eurofobi della penisola, ha incassato una pesante sconfitta alle elezioni amministrative. Nelle sette città più grandi tra quelle che dovevano scegliere il nuovo sindaco, infatti, il movimento che di recente era salito al rango di primo partito italiano è stato brutalmente eliminato al primo turno. I cinquestelle hanno pagato la chiara incapacità di governare il comune di Roma, ma anche l’incapacità di Grillo di passare dalla denuncia di tutto – e in particolar modo dell’Unione europea – a una qualsiasi proposta concreta e credibile.
Senza progetti
Sempre domenica, anche il Front national ha incassato una batosta. Gli elettori del partito, infatti, hanno disertato in massa le urne. Le ragioni di questa astensione sono diverse, ma la principale è il modo in cui Marine Le Pen è andata in confusione sull’euro in occasione del suo dibattito con Emmanuel Macron, tanto che il suo stesso compagno di partito Louis Alliot ha riconosciuto che bisognerebbe “ricominciare a lavorare sul problema dell’Europa e dell’euro”. Anche il sindaco di Béziers, Robert Ménard, alleato del Fn, ha dichiarato che “portando avanti proposte economiche senza capo né coda si va incontro a pesanti conseguenze”.
Ma prima delle crisi degli eurofobi finlandesi, italiani e francesi, c’erano state le legislative britanniche. Non solo l’Ukip, il partito che si era reinventato come accusatore dell’Unione, non ha ottenuto nemmeno un seggio, ma Theresa May, prima ministra conservatrice che spingeva per una Brexit dura, ha perso la sua maggioranza. I britannici hanno rifiutato l’idea di una rottura totale con l’Unione. Anche nel Regno Unito l’eurofobia non se la passa per niente bene.
(Traduzione di Andrea Sparacino)