Martedì, a Meseberg, Angela Merkel ha fatto grandi passi verso la Francia.

La cancelliera tedesca ha accettato, attraverso una dichiarazione congiunta con il presidente francese Emmanuel Macron, il principio di un budget dell’eurozona a partire dal 2021, quello di una rete di sicurezza comune per gli istituti bancari da realizzare entro il 2024 e quello di una garanzia europea dei conti correnti su cui si aprirà una trattativa a partire da luglio.

C’è ancora molto da negoziare, a cominciare dalla cifra da dedicare a questi progetti. Tuttavia resta il fatto che fino a pochi mesi fa, forse qualche settimana fa, Merkel non si sarebbe mai impegnata così chiaramente in questo senso. Ora però il percorso della cancelliera e del suo paese sembra obbligato.

Anche la Germania comprende ormai la necessità di trasformare l’Unione in una potenza politica

La Germania non voleva accettare queste proposte perché per realizzarle servono ulteriori spese, con investimenti che Berlino dovrà garantire in quanto prima potenza economica dell’Unione. Ma l’atteggiamento politico di Emmanuel Macron ha smorzato diverse parole. La necessità ha fatto il resto.

Come tutti, i tedeschi osservano le divisioni interne dell’Unione e gli attacchi, le pressioni e le sfide portate all’Europa unita dal caos mediorientale e dall’ascesa di Vladimir Putin e Donald Trump. Come la Francia, anche la Germania comprende ormai la necessità di trasformare l’Unione in una potenza politica. Per questo i tedeschi cominciano a “parlare francese”, ed è per questo che Merkel ha firmato martedì la dichiarazione comune di Meseberg, che sancisce il suo impegno a condizione che la Francia diventi finanziariamente virtuosa quanto la Germania.

Non è scontato che accada, dipende molto dalla capacità di Macron di continuare a dominare il fronte interno. In ogni caso possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno.

Se l’eurozona avrà presto un budget che le permetterà di investire nelle industrie del futuro e di sostenere gli stati più fragili; se riuscirà ad armonizzare le sue fiscalità sulle imprese e ad affrontare le crisi nazionali grazie a un fondo comune; se la garanzia delle banche diventerà comune; se i paesi europei cominceranno ad affrontare in coppia, in dodici o in diciannove le sfide strategiche che l’attendono; se, in due o più, gli europei si doteranno di un nuovo carro armato, di un nuovo aereo da combattimento e di un nuovo satellite militare; se in poche parole prenderà forma l’Unione della difesa e parallelamente i 27 troveranno un accordo (non è più impossibile) per condurre i migranti persi in mezzo al mare verso stati esterni all’Unione come l’Albania o la Tunisia, dove si potrà fare una cernita tra migranti economici e rifugiati politici, allora…

Be’, allora l’Unione scongiurerà ogni rischio di crollo e anzi troverà nuova linfa vitale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it