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È il momento di difendere la democrazia in tutta Europa

Una manifestazione di gruppi di estrema destra a Chemnitz, in Germania, il 1 settembre 2018. (Hannibal Hanschke, Reuters/Contrasto)

“La Germania”, mi ha risposto. “Tutto dipende dalla Germania”. Questo mi ha detto un parlamentare austriaco a cui avevo chiesto quanto fosse preoccupato per l’evoluzione del suo paese e dell’Europa centrorientale.

Forse è solo un momento difficile, ha aggiunto, ma se, com’è già successo in Austria, la destra tedesca accettasse di governare con l’estrema destra e di concederle ministeri importanti come l’interno o la difesa, permettendo così all’Alternativa per la Germania (Afd, il partito di estrema destra tedesco) di mettere le mani sui servizi segreti, l’esercito e la polizia (esattamente come sta accadendo a Vienna), allora sì che ci sarebbe da preoccuparsi.

“E secondo lei è possibile?”, ho domandato. Mi ha risposto con voce impassibile: “Chi avrebbe potuto immaginare l’elezione di Donald Trump, l’ascesa dell’Afd, il trionfo della Lega in Italia e dell’estrema destra in tutta l’Europa centrale, da Vienna a Roma? Molti elettori hanno paura degli imam, della disoccupazione, della riduzione dello stato sociale, dell’indebolimento degli stati. Hanno paura di tutto perché non capiscono più nulla degli stravolgimenti in atto. E quando vince la paura tutto diventa possibile. Tutto”.

Democrazia senza difese
Il mio interlocutore, che è stato di sinistra negli anni sessanta, ambientalista in seguito e oggi è centrista, chiaramente ha ragione. La Germania può cadere. Non è sicuro ma è possibile. Se dovesse succedere, chi resterebbe in Europa a difendere la democrazia, non la “democrazia illiberale” all’ungherese ma la vera democrazia?

La Scandinavia? Sarebbe bello, ma anche nei paesi scandinavi l’estrema destra avanza.

La Spagna? Certo, insieme al Portogallo è l’unico paese dell’Unione dove l’estrema destra non sta rinascendo dalle sue ceneri, ma la sua maggioranza di governo è fragile e la crisi catalana resta una bomba a orologeria.

La Francia? Sì, la Francia, ma una Francia isolata. Dopo questa conversazione viennese, mancando da Parigi da agosto per un libro sulla deriva di estrema destra dell’Europa centrorientale, sono tornato a immergermi nell’attualità francese via internet.

A meno di un anno e mezzo dalla sua elezione, Emmanuel Macron ricomincia da capo con un cambio di governo. Non è una notizia rassicurante, anzi è chiaramente un pasticcio in un momento così turbolento al livello internazionale. Ma c’è di peggio, per esempio le parole di Michel Onfray indirizzate al presidente della repubblica.

In Europa centrale i temi dell’estrema destra sono molto forti

Non riesco a credere a ciò che ho visto e sentito dallo schermo: la volgarità, la bassezza a cui si abbandona un filosofo apparentemente convinto che sminuire il capo dello stato dandogli del tu sia un modo per apparire più forte.

Magari questo atteggiamento gli regalerà la fama di spadaccino senza paura. Non lo so, ma come molte cose che si sentono e si leggono a Parigi, questo discorso ha un profumo di anni trenta. Sostenitori della democrazia di tutta l’Europa centrorientale continuano a chiedermi cosa sta succedendo con Macron.

Leggono i sondaggi e sentono dire che il presidente su cui avevano riposto tante speranze sta perdendo il controllo della situazione. Con Angela Merkel indebolita, restava solo Macron cui aggrapparsi. E invece, all’improvviso, la Francia gli volta le spalle? Non possono più contare su di lui?

Non so rispondere, perché da lontano non si riesce a tastare il polso di un paese, nemmeno se è il tuo. Ma quello che da qui capisco perfettamente, invece, è fino a che punto l’estrema destra e i suoi temi sono forti in Europa centrorientale, e quanto Francia e Germania rappresentino due bastioni di cui bisogna, a ogni costo, conservare l’influenza, la stabilità e aumentare il peso politico.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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