Il Sudafrica è stato eliminato al primo turno, una cosa che non era mai successa al paese ospitante, scrive Boubacar Boris Diop.
Il 9 giugno più di centomila persone avevano sfilato per le strade di Johannesburg con clacson e vuvuzela a tutto volume per motivare la nazionale sudafricana. L’allenatore Carlos Alberto Parreira non aveva gradito ed era stupito che si festeggiasse un mondiale prima ancora di averlo vinto. Ma che importa.
La stessa sera il presidente Jacob Zuma aveva confidato ai giocatori: “Mi prudono le mani. Sento che l’11 luglio solleverò il trofeo al cielo!”. Due settimane dopo le mani del presidente Zuma stanno molto meglio: il Sudafrica è stato eliminato al primo turno, una cosa che non era mai successa al paese ospitante.
Adesso vedremo un mondiale tutto diverso. La delusione è evidente e molti sudafricani pensano: “È un peccato aver costruito degli stadi così belli per guardare gli altri che ci giocano”. Ma la grande maggioranza del pubblico accetta la situazione con dignità, per patriottismo. Si può dire che l’industria ha saputo giocare molto meglio della nazionale: la débâcle sportiva non si è trasformata in un disastro commerciale e il paese rimane unito per portare a termine con successo il torneo.
Forse è solo una tregua: appena l’ultimo degli ospiti sarà tornato a casa, spunteranno i coltelli. Nel frattempo the show must go on. Per la Fifa, per la Coca-Cola e per gli altri sponsor è questione di vita o di morte. E che succederà in Sudafrica dopo la finale dell’11 luglio? Questo non è, in tutti i sensi, affar loro.
*Boubacar Boris Diop è uno scrittore senegalese. Il suo ultimo libro è * Rwanda. Murambi, il libro delle ossa (e/o 2004).
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