L’Egitto cede due isole all’Arabia Saudita e la popolazione protesta
La visita al Cairo del re saudita Salman, dal 7 al 12 aprile, si è conclusa con la firma di una serie di accordi per progetti di sviluppo e investimenti in Egitto del valore di oltre venti miliardi di dollari. È questo il prezzo della dignità egiziana? Se lo chiedono gli egiziani, indignati per la cessione all’Arabia Saudita di due isole strategiche nel Mar Rosso, Tiran e Sanafir, finora situate nelle acque territoriali dell’Egitto.
La prima pagina del quotidiano Al Masry al Youm mostra il presidente Abdel Fattah Al Sisi e re Salman che si sorridono stringendosi la mano, e titola: Due isole e un dottorato per Salman… e miliardi per l’Egitto.
Le isole di Tiran e Sanafir sono situate all’imbocco del Mare Rosso, negli stretti di Tiran, e dovrebbero essere usate per sostenere un ponte che collegherà Sharm el Sheikh, nel Sinai egiziano, alla penisola saudita, secondo quanto riferito da Al Riyadh. Il quotidiano saudita aggiunge che Al Sisi ha proposto di intitolarlo a re Salman che dovrebbe “facilitare il turismo legato al pellegrinaggio” e “collegare i due continenti dell’Asia e dell’Africa”.
La cessione di un pezzo di territorio nazionale potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso del malcontento, poiché gli egiziani la vivono come un’offesa alla loro dignità e al loro orgoglio. I giornali sottolineano soprattutto l’aspetto umiliante di questa decisione. Per un paese come l’Egitto, forte della sua leadership storica nella regione, mettersi in ginocchio davanti all’Arabia Saudita è un evento traumatico. Ed è un’umiliazione in più anche per i quasi due milioni di egiziani che lavorano nel regno saudita in condizioni disagiate. In rete le critiche abbondano: su Twitter, il giorno dell’annuncio dell’accordo tra i due paesi, l’hashtag #Tiran_Sanafir è stato il topic più importante con 28mila tweet.
Il comico Bassem Youssef ironizza su un paese che si è venduto al migliore offerente
La nota blogger Zeinobia dà voce alla rabbia dei suoi connazionali: “Molti egiziani sono in collera, veramente in collera. Non si può tenere tutti all’oscuro di un accordo del genere e poi dire al popolo che una parte del loro paese è stata data a uno stato straniero”.
Il comico Bassem Youssef ricorda la storia delle isole e ironizza su un paese che si è venduto al migliore offerente: “Fatevi avanti signore e signori, l’isola per un miliardo, la piramide per due, e qualche statua gratis per voi”.
Anche l’opposizione è infuriata: il Partito socialdemocratico egiziano ha cominciato una raccolta di firme per cancellare l’accordo con l’Arabia Saudita, che deve comunque ancora essere ratificato dal parlamento, e ricorda su Al Ahram che le due isole fanno parte delle acque egiziane dal 1800 (ovvero oltre un secolo prima della creazione del regno saudita ). Il Partito socialdemocratico considera l’accordo anticostituzionale: l’articolo 151 della costituzione egiziana enuncia chiaramente che gli accordi internazionali riguardanti questioni di sovranità devono essere sottoposti a referendum popolare.
Ancora più duro il commento sul Daily News Egypt dell’editorialista Emad el Sayed, che non esita ad accusare il presidente Al Sisi di commettere azioni “degne di un imbecille e di gestire ogni cosa con un’ignoranza distruttiva”. “Il caso Regeni”, prosegue El Sayed, “è la dimostrazione migliore di questa idiozia ereditaria. Avete commesso così tanti errori ingiustificabili che ci siamo tutti convinti che i servizi di sicurezza sono dietro questo crimine, che ha messo il cappio dell’Europa attorno al collo egiziano”.
L’importanza geostrategica
Il quotidiano panarabo Al Quds al Arabi ricorda in prima pagina lo storico presidente egiziano Gamal Abdel Nasser (capo dello stato dal 1956 al 1970) che annuncia fieramente che le “due isole sono territorio egiziano”, sottolineando così come questa cessione all’Arabia Saudita sia umiliante, soprattutto per un ex generale dell’esercito come Al Sisi.
Le due isole, disabitate e attualmente siti di immersione molto rinomati, hanno una notevole importanza per la geopolitica della regione. Si trovano in un punto strategico all’entrata del Mar Rosso, che rappresenta l’unico sbocco per i porti di Aqaba in Giordania e di Eilat in Israele. Di fatto, il blocco degli stretti di Tiran da parte dell’Egitto nel 1967 fu considerato da Israele il casus belli che diede avvio alla guerra dei sei giorni. Ora la cessione ai sauditi potrebbe anche essere giudicata una violazione degli accordi di pace di Camp David.
Per la prima volta da anni gruppi di opposizione si sono dati appuntamento venerdì in piazza Tahrir, al Cairo, e la blogger Zenobia ammonisce “di non sottovalutare lo scontento espresso in rete dagli egiziani”. Ma l’accordo con l’Arabia Saudita riporta soprattutto l’attenzione su un paese in ginocchio economicamente e che vive di donazioni straniere. Dopo avere ricevuto 1,5 miliardi di finanziamenti statunitensi l’anno scorso (circa il 75 per cento degli aiuti statunitensi va a Egitto e Israele), l’Egitto cerca di riallacciare i rapporti con il regno saudita e con i suoi finanziamenti che arrivano – come ha sottolineato il New York Times – direttamente nelle casse del governo.
Sempre secondo il New York Times, subito dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013 al Cairo, l’Arabia Saudita ha annunciato un piano di aiuti all’Egitto per un valore di 12 miliardi di dollari, a fronte degli 1,5 miliardi stanziati dagli Stati Uniti e degli 1,3 miliardi stanziati dall’Unione europea. I finanziamenti del regno saudita non temono rivali e le sue richieste sono quindi difficili da rifiutare.