Macron è finito nella trappola dell’estrema destra
Il giovane candidato Emmanuel Macron, eletto presidente della repubblica francese il 7 maggio 2017 a meno di quarant’anni, era stato inizialmente ben accolto dal mondo intellettuale francese. Dopo lo stile bling bling della destra di Nicolas Sarkozy e la delusione della presidenza del socialista François Hollande, Macron si presentava come l’ex assistente del filosofo Paul Ricœur. I suoi riferimenti culturali colti e pacati erano anche considerati efficaci per tenere testa alla crescita dell’estrema destra nel paese.
Nel 2017 il libro Macron, un président philosophe. Aucun de ses mots n’est le fruit du hasard (Macron, un presidente filosofo. Nessuna delle sue parole è frutto del caso) di Brice Couturier, ex capo redattore di Le Monde des idées, lo descriveva così: “Lettore di Hegel, amico e assistente del filosofo Paul Ricœur, Emmanuel Macron ha forgiato molto presto un’idea precisa del suo destino (…). In Macron, nulla è lasciato al caso. Ogni parola è soppesata, ogni pensiero fondato”.
E invece in questo periodo proprio una parola, l’infelice e oscuro neologismo “islamo-gauchisme” (cioè la presunta vicinanza di intellettuali e partiti della sinistra radicale ad ambienti integralisti islamici), ricorda i tristi slogan contro il giudeo-bolscevismo degli anni trenta, e viene utilizzato nel dibattito politico francese come un nuovo mantra.
Dal 2012 in Francia 263 persone sono state uccise in 18 attacchi terroristici di matrice islamica. Questa lunga serie di aggressioni ha ferito il paese, e ha messo i temi legati all’islam al centro del dibattito pubblico nazionale. Gli strali dell’estrema destra sull’immigrazione – che colpivano in primis la comunità musulmana e alcune sue tradizioni, dal velo al cibo halal – si sono concentrati sul terrorismo e sui rapporti tra terrorismo e religione. E dall’estrema destra certi argomenti hanno cominciato a farsi strada nel partito La République en marche del presidente Macron.
Un governo in campagna elettorale
L’11 febbraio, in un dibattito televisivo, il ministro dell’interno Gérald Darmanin ha accusato addirittura Marine Le Pen di essere troppo “debole nei confronti dell’islam”, e dopo l’assassinio del professore Samuel Paty il ministro dell’istruzione Jean-Michel Blanquer ha detto che “all’interno dell’università c’è una certa complicità intellettuale con gli attentati”. A quel punto sono cominciati gli attacchi del governo alle università francesi.
Il 16 febbraio la ministra dell’istruzione superiore, Frédérique Vidal, ha dichiarato al canale d’informazione CNews, una specie di Fox news francese, che l’islamo-gauchisme “è una cancrena per l’università”. E ha aggiunto: “No, in realtà è una cancrena per l’intera società”.
A questo punto è stato chiesto al Centro nazionale di ricerca scientifica (Cnrs) di fare un’inchiesta sulla presenza di docenti islamo-gauchistes nelle università, essenzialmente professori che lavorano su tematiche postcoloniali, di genere e questioni legate alla razza. La cosa ha suscitato una certa indignazione. Secondo Alain Gresh, ex condirettore di Le Monde Diplomatique, si sta proponendo una sorta di polizia politica all’interno delle università: “Non vedevamo cose simili dai tempi dell’occupazione tedesca”, durante la seconda guerra mondiale.
Per molti osservatori, la costruzione di questo nuovo nemico, la cui definizione è ambigua persino per chi l’ha inventato, è comprensibile solo alla luce del calendario politico ed elettorale francese. Alain Genestar nota sul mensile Polka Magazine che si tratta anche di un opportunismo pericoloso: “Mancano 14 mesi alle prossime presidenziali (…). E la strategia della squadra di Emmanuel Macron è tutta basata sulla certezza che ci sarà ancora Marine Le Pen al secondo turno, come nel 2017. Quindi, è tutto sapientemente orchestrato per sottrarle voti”.
Gli orientalisti
Le dispute sulle radici del terrorismo islamico in Francia e sulle eventuali risposte da dare, rispecchiano da decenni una forte divisione della comunità scientifica francese sulla comprensione del fenomeno religioso e sulla sua strumentalizzazione nelle frange violente della società. Queste divisioni sono emerse molto chiaramente nel dibattito, molto noto in Francia, tra gli studiosi Gilles Kepel e Olivier Roy.
In occasione della discussione sulla legge recente contro il separatismo religioso – ufficialmente pensata per sottrarre terreno fertile al terrorismo islamico imponendo un maggiore controllo dello stato sulle organizzazioni religiose e i luoghi di culto – queste discussioni, interessanti nell’ambito di una dialettica scientifica, sono entrate nel dibattito pubblico, con tesi deformate e talvolta caricaturali. In prima linea c’è Gilles Kepel, onnipresente negli studi televisivi , che inveisce contro gli islamo-gauchistes – cioè i suoi colleghi universitari – presentati come nemici della repubblica. Ironia della sorte, gli stessi ricercatori chiamati a studiare il fenomeno della radicalizzazione sono ora sul banco degli imputati. Le parole della ministra dell’istruzione superiore “sono state chiaramente la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, scrive l’islamologo François Burgat.
Gli studiosi nel mirino del governo Macron sono accusati anche di occuparsi di temi estranei alla cultura francese, presi volutamente in prestito dalle università statunitensi per mettere in crisi la società francese. Sul New York Times, Norimitsu Onishi si chiede con ironia: “Le idee americane faranno a pezzi la Francia? Alcuni dei suoi leader lo credono. Influenti politici e intellettuali sostengono che le teorie statunitensi su razza, genere e postcolonialismo sono una minaccia all’identità francese e alla repubblica”. Non è d’altra parte il primo scontro tra Macron e la stampa statunitense, che deride un universalismo alla francese che somiglia sempre di più a un particolarismo provinciale.
La comunità scientifica che lavora sui temi dell’islam, come la rivista Jadaliyya, ha invitato a mandare lettere a tutte le ambasciate francesi nel mondo per sostenere il lavoro dei ricercatori.
Dal mondo accademico la risposta all’esecutivo è stata chiara. La Conferenza dei rettori delle università (Cpu) ha espresso “il proprio stupore”: “La Cpu chiede al governo di alzare il livello del dibattito. Se ha bisogno di analisi, di tesi diverse e di discorsi scientifici circostanziati per andare oltre le rappresentazioni caricaturali e i discorsi da bar, le università sono a sua disposizione. Anche se il dibattito politico non è per natura scientifico, non significa che può raccontare qualsiasi cosa”.
Il pericolo dell’alt-right
Chiamato in causa dal governo, il Cnrs ha raccolto l’invito della ministra ad analizzare l’origine e l’uso del neologismo islamo-gauchisme. E i risultati dell’analisi del centro di ricerche hanno fatto discutere. Grazie a Politoscope, uno strumento sviluppato dal Cnrs per lo studio dell’attivismo politico online, sono stati analizzati oltre 290 milioni di messaggi politici postati dal 2016 a oggi da più di undici milioni di account Twitter. E alla fine è il governo a ritrovarsi sul banco degli imputati: lo studio del Cnrs lo accusa infatti di dare spazio ai temi dell’estrema destra più aggressiva.
Il primo risultato della ricerca mostra che la principale organizzazione politica accusata di islamo-gauchisme è il partito della sinistra radicale France insoumise, con il suo leader Jean-Luc Mélenchon. In seconda posizione c’è il leader del Partito socialista, Benoît Hamon. Secondo risultato di Politoscope: gli account più coinvolti nella diffusione di accuse di islamo-gauchisme, dal 2016 ad oggi, sono ideologicamente di estrema destra.
Terzo punto: le nozioni più associate all’islamo-gauchisme sono quelle di “traditore, nemico della repubblica, immoralità, vergogna, corruzione, minaccia, insicurezza, pericolo, alleanza con il nemico e, naturalmente, connivenza con l’islamismo radicale”.
Per comprendere bene il pericolo di legittimare e addirittura fare proprio un concetto come islamo-gauchisme da parte di un governo, Periscope fa un paragone con l’ascesa dell’alt-right (la cosiddetta destra alternativa) negli Stati Uniti.
I sostenitori dell’alt-right, che hanno accompagnato l’ascesa di Donald Trump “sono nazionalisti e suprematisti, razzisti e antisemiti, complottisti, neonazisti intolleranti e talvolta violenti”. Il movimento si organizza in modo decentralizzato attraverso i siti di informazione e pagine sui social network pieni di notizie false e fa nuove reclute “tra bianchi identitari, istruiti o meno, che si presentano come vittime della cultura dominante”. In questo contesto, l’alt-right vede chiaramente l’università come un punto di riferimento della sinistra. Sono analogie che fanno riflettere.
Resta da capire se questa strategia di appropriazione di temi cari all’estrema destra da parte del governo Macron a fini elettorali sarà vincente. La legge contro il separatismo – che intendeva apertamente colpire il mondo associativo musulmano – sta facendo uscire dal loro consueto riserbo le associazioni cattoliche, protestanti ed ebraiche, che la considerano una grave aggressione alla libertà religiosa. L’attacco all’università sta ora tornando come un boomerang sull’esecutivo. È difficile dire oggi se i francesi decideranno di votare di nuovo Macron per bloccare l’ascesa dell’estrema destra.