Una volta stabiliti chiaramente i princìpi ispiratori nel primo numero, Else ci dà appuntamento due volte all’anno. “Là dove si incrociano il banale, il bizzarro e il quotidano, Else vuol essere un laboratorio visuale, un tentativo di far parlare le immagini”. Senza troppe spiegazioni le immagini sono lì, a stimolare “confronti, dallo storico al contemporaneo, dal vernacolare all’artistico”, perché la rivista “abbraccia e mescola tutto, divertendosi a classificare le immagini per categorie”.
È evidente il piacere di immergersi in ciò che di solito non è preso sul serio dalla cultura istituzionale: “approcci ossessivi, immagine povera, travestita, deviata, appropriata e riappropriata”. C’è un evidente compiacimento nella pubblicazione. E un’enorme cura, perfettamente svizzera, nella sua realizzazione. Con una bella carta, impaginazione ordinata, tipograficamente elegante con modelli impeccabili, di quelli che non si fanno notare. E l’intento è davvero quello di dare spazio alle immagini, senza inutili chiacchiere.
E allora i giornalisti televisivi immortalati da Frank Schram vicino a Ground zero diventano interessanti come le scatole di fiammiferi degli anni trenta che pubblicizzano bar e ristoranti o come le sagome di immagini perdute raccolte su internet da Joachim Schmid. Insomma, bisogna ringraziare il Musée de l’Elysée di Losanna, che pubblica questa rivista assolutamente unica.
Internazionale, numero 911 , 19 agosto 2011
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