Simone Signoret una volta ha detto: “La nostalgia non è più quella di una volta”. Ha sicuramente ragione, ma questo non vuol dire che al giorno d’oggi la nostalgia non esiste più, anche se forse prima non era così presente. Basta rivolgersi al mondo del design o della moda, dove le collezioni di oggetti vintage valgono sempre di più, e in più coinvolgono non solo gli stilisti e i creatori degli anni trenta e quaranta, ma anche quelli degli ultimi trent’anni del novecento.

Nel momento in cui il digitale è assolutamente – e definitivamente – dominante, la nostalgia per la fotografia analogica è altrettanto dilagante. Non stiamo parlando del feticismo – comprensibile – per le belle stampe storiche in bianco e nero, le cui vendite all’asta polverizzano un record dietro l’altro. C’è qualcosa di ancora più evidente. Tutto è cominciato con la progressiva scomparsa delle Polaroid, che ha lasciato milioni di orfani. È vero che alcuni vecchi dipendenti hanno cominciato a produrre prodotti simili.

Ma la cosa più immediata per ricreare una Polaroid è usare un soft­ware per modificare un’immagine digitale. Molti programmatori hanno usato questo sistema per riprodurre i colori, il retino e le caratteristiche di vecchie stampe. Spesso sono pasticci. A volte ben riusciti. Senz’altro decorativi. Ma in ogni caso si tratta sempre di operazioni nostalgiche che si potrebbero definire “fare il vecchio con il nuovo”.

Internazionale, numero 923, 11 novembre 2011

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