Chi legge regolarmente questa column avrà intuito che ho un debole per i libri di piccolo formato. Ma comunque non pensavo di tornare a parlare della collana Photo Poche, almeno non così presto. Il numero 140 della serie, dedicato a Roger Ballen, mi ha costretto a ricredermi. È un libro diverso dagli altri, ma anche questo sfiora la perfezione. Dopo un testo illuminante di Dominique Eddé siamo invitati a procedere in ordine cronologico alla scoperta di un’opera sbalorditiva. Robert Delpire, che dirige la collana, ci ha abituato a delle ottime selezioni in cui l’ordine cronologico è sconvolto. Stavolta si lascia trasportare dal tempo e dalla fluidità: è una bella sorpresa che sottolinea la coerenza di una produzione fotografica unica.

Con poche eccezioni tutto è squadrato, in un bianco e nero puro in cui i toni di grigio sono usati sempre più saggiamente man mano che l’universo rappresentato diventa più complesso. Le ossessioni del fotografo, come quella per gli animali o i cavi elettrici, fanno da filo conduttore. I ritratti di uomini bianchi, trasfigurati, degenerati a forza di rapporti tra consanguinei, in Sudafrica, dialogano con situazioni e scenari sempre più strani, in cui la fotografia inventa spazi e accompagna illusioni. La cosa che davvero sorprende è come un libro così piccolo possa contenere in modo convincente, semplice ed efficace, un intero universo.

Internazionale, numero 952, 8 giugno 2012

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