Un importante collezionista statunitense, Jonathan Sobel, ha lanciato una protesta contro l’artista William Eggleston, incontrastata stella della storia della fotografia, il primo a portare il colore dentro il Moma di New York, imponendo l’idea che il colore non è solo una superficie del reale, ma la materia stessa di una fotografia che si differenzia dal bianco e nero. Celebrate dall’istituzione newyorchese, le sue stampe sono entrate nelle collezioni di intenditori di tutto il mondo. Tra cui Sobel, che possiede 190 opere, cioè stampe d’epoca, che oggi sono stimate per una cifra intorno ai cinque milioni di dollari.
L’illustre collezionista si è sentito “tradito”. Ha rimproverato a Eggleston, che ha sempre realizzato tirature di piccolo formato, di avere realizzato stampe di grandi dimensioni, con varie tecniche, cedendo alle lusinghe del mercato. Questo probabilmente non impedisce alle stampe vintage di essere vendute a cifre sempre più alte nelle aste e quindi di aumentare il valore della collezione di Sobel, che tuttavia considera la cosa “poco onesta”.
Se non altro ha parlato chiaro: “Il valore commerciale dell’arte sta nella rarità. Se la produzione aumenta, i pezzi perdono di valore”. Tutto questo sarebbe banale se non rimandasse a un’altra questione, più specifica della fotografia: se da un unico scatto si possono realizzare molte interpretazioni diverse, allora cos’è un originale?
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it