Aperture, il trimestrale statunitense di riferimento in materia di fotografia, cambia completamente, affermando di voler tornare ai princìpi che hanno ispirato la sua fondazione nel 1952: “Essere un luogo di commento di ciò che appare” e “descrivere le nuove possibilità del mezzo espressivo”.
Il numero 210, molto ricco e di formato più grande, è anche molto più ambizioso delle ultime uscite che, se proponevano spesso dei portfolio interessanti, risultavano comunque abbastanza convenzionali nella forma.
La nuova formula, dopo qualche intervento mirato che mescola immagini, il punto di vista dei lettori, dei fotografi e dei critici, si divide in due momenti forti. Innanzitutto le “parole” e poi una sezione di “immagini”. Quindi nella prima parte troviamo interviste e articoli che illustrano le novità tecniche e tecnologiche, le nuove pratiche, le conseguenze del digitale e quelle che si possono intuire sul piano estetico, sociologico e politico.
Poi si abbandonano i testi e si percorrono le pagine dedicate ai portfolio, la cui varietà tematica e di approccio è notevole e risulta, alla fine, meno superficiale. Non siamo più soltanto stimolati a consumare le immagini, ma siamo accompagnati nelle riflessioni che suscitano o che dovrebbero suscitare. Nel complesso il cambiamento attuato da Aperture è un’ottima notizia. Peccato che esca solo quattro volte all’anno.
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