Cose che fanno ridere/2
Ciao belli è un programma comico che va in onda su Radio Deejay dalle 13 alle 14 da più di un decennio. I conduttori sono Roberto Ferrari, vero nome Roberto Porchera, e il Digei Angelo, vero nome Domenico Raffaele.
Di solito le personalità dei deejay – quello che pensano, quello che sono, quello che fanno quando non stanno parlando alla radio – sono irrilevanti. Nelle altre radio c’è una legione di conduttori che sento da anni distrattamente, senza essere riuscito a cogliere un’inflessione personale, la traccia di un’opinione. Annunciano e riannunciano i dischi, ridono e parlano del tempo.
A Radio Deejay, forse perché la ascolto in continuazione, forse perché i deejay hanno più spazio per parlare, o forse perché più uno è bravo e più ha personalità, i deejay dimostrano uno spessore, un’esistenza reale anche al di là del loro ruolo in radio. E questo vale perfino per i conduttori del programma comico, che è un programma costruito sulle imitazioni di personaggi reali e sulla creazione di personaggi immaginari. Un programma nel quale la personalità dei conduttori dovrebbe, a rigore, scomparire.
I testi di Ciao belli li scrive quasi tutti il Digei Angelo, un ex coatto di Seregno (Monza Brianza) che da adolescente (parole sue) passava i pomeriggi a guardare la tv sul divano in fintapelle del tinello. “Sei un genio, lo sai?”, gli dico durante la mia prima e unica visita alla sede di Radio Deejay, stringendogli la mano sudata. “Certo”, risponde.
Ora, è chiaro che spiegare perché un genio è un genio è difficile, bisogna vederlo all’opera. Ma direi soprattutto che: 1) il Deejay Angelo ha il dono di saper estrarre la quintessenza delle persone che si vedono in giro e poi di creare personaggi quintessenziali: il Tamarro da bar; il Miliardario brianzolo; il Puttaniere; il Ristoratore maniaco; l’Immobiliarista ladro; il Talent-scout cialtrone, eccetera. È il Balzac che ci meritiamo.
E direi che 2) il Digei Angelo non sa cosa sia la retorica, perciò dice sempre la verità nel modo più crudo e diretto possibile, e questo è puro ossigeno in mezzo alle ipocrisie e agli eufemismi che ammorbano il discorso pubblico. Un ascoltatore di Corsico, hinterland milanese duro, partecipa a un gioco a premi organizzato dalla radio e vince un paio di sci. Roberto Ferrari gli chiede dove andrà a sciare, ma prima che quello possa rispondere il Digei Angelo s’intromette e commenta: “Ma che cazzo vuoi sciare? Sei di Corsico: ciài solo da combattere”.
Infine 3), il Digei Angelo ha un occhio di falco per le piccole miserie della vita quotidiana, ma è così intelligente e umano da saper trasformare il raccapriccio in divertimento. Finto spot pubblicitario, da una puntata di Ciao belli del giugno 2010 (in sottofondo un pezzo dance anni ottanta orrendo):
Voce aggressiva di deejay da discoteca: Ti piace andare al centro commerciale in tuta e mocassino? Sei uno di noi (con l’effetto-eco: Sei uno di noi-oi). Iscriviti subito al gruppo “Al centro commerciale in tuta e mocassino”. Riceverai la nostra spilla e una tuta in poliestere di quelle che fanno puzzare il pacco.
Voce femminile: Io vado al centro commerciale solo per vedere gli uomini in tuta e mocassino. E mi piace quel vedo non vedo, soprattutto per quanto riguarda… gli attributi.
Altra voce femminile: A me l’uomo in tuta da ginnastica dà quella sensazione di selvatico alla quale non so resistere. Se ci dovrei fare le corna a mio marito ce le farei con un signore che ha appena comprato un televisore alla Mediaworld. Altra voce femminile: A me la tuta da ginnastica nell’uomo non piace. Poi però, quando sento quell’odore di freschino misto a formaggio e lycra, non riesco più a tenere a bada la parte porca della mia personalità.
Di nuovo il deejay da discoteca: Pensavi che andare in tuta al centro commerciale senza fare né doccia né bidet fosse da sfigati? Noi del gruppo “Al centro commerciale in tuta e mocassino” ne siamo in tanti.
Voce maschile, forte accento meridionale: E che cazzo, mo’ per andare a comprare i pannolini a mio figlio non è che mi devo vestire come a Lapo Elkann.
L’altro conduttore di Ciao belli, Roberto Ferrari, è un mistero. Ha le caratteristiche di uno che tutto potrebbe fare nella vita salvo che lavorare alla radio. Parla a velocità supersonica, si mangia le parole, tartaglia. Non sa niente di musica, niente di politica, niente di niente. Non dice mai qualcosa che non sia scontato – una notizia raccattata sulla homepage di un sito, un pettegolezzo sentito la sera prima in tv, un’osservazione che nessuno farebbe mai perché troppo ovvia.
Le sue battute sono di questo tenore: “Amy Mcdonald è parente di quella degli hamburger?”; oppure: “Il nuovo gruppo di quello degli Off come si chiama, On?”. L’unico libro che ha letto – ripete il Digei Angelo, ed è probabile che non sia un’iperbole – sono le istruzioni del Motorola.
Perché mandare in onda uno così? Proprio perché è così. E perché possiede una virtù celestiale che riscatta tutto: non se la prende mai. È l’uomo meno permaloso che esista; sa di essere un po’ strano, così non si prende sul serio, è sereno, simpatico, e accetta con allegria, senza sforzo, che buona parte del programma sia fatta, in sostanza, contro di lui.
Quindi si ride, con Roberto Ferrari, di Roberto Ferrari: della sua bruttezza, della sua avarizia, delle sue tattiche fallimentari con le donne, dei suoi tentativi di diventare ricco con investimenti sgangherati (la boutique, il ristorante), del Porsche di seconda mano che ha appena comprato, delle sue serate in discoteca che vanno deserte. Ferrari è il punching ball, e gli piace così.
Mentre è abbastanza semplice far capire perché uno spettacolo, uno sketch, un libro non è divertente, magari citando brani chiaramente non divertenti (per restare al noto: trenta secondi presi a caso da Colorado, il 95 per cento delle battute di Spinoza.it), spiegare perché una cosa è divertente è più difficile perché il divertimento nasce non solo dalla battuta ma anche dal modo in cui la battuta è pronunciata, dal contesto e, soprattutto, dal grado di familiarità che si ha con quella situazione comica.
Succede come con la musica pop: ci vogliono mesi, anni, prima di poter apprezzare quella di un paese che non è il nostro, anche se si conosce bene la lingua. Ma per dare almeno un’idea del
quanto, se non del come, ecco due elenchi.
Personaggi reali imitati in Ciao belli (per lo più da Nicola Savino, che non è un comico ma ha un talento prodigioso nel “fare le voci”, e dall’imitatore Claudio Lauretta): Enrico Ruggeri, Franco Califano, Pupo, Al Bano, J-Ax, Luciano Ligabue, Antonio Di Pietro, Michele Santoro, Diego Abatantuono, Giampiero Galeazzi, Luca Giurato, Cristiano Malgioglio, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, Tonino Guerra, Ricky Memphis, Gigi Buffon, Claudia Pandolfi, Piero Chiambretti, Lino Banfi, Gianna Nannini, Gegia, Carlo Lucarelli, l’ex calciatore Massimo Palanca, Renato Zero, Miuccia Prada, Gennaro Gattuso, Mario Balotelli, Renato Pozzetto, Silvio Berlusconi, Piersilvio Berlusconi, Maurizio Mosca, il deejay Fernando Proce, Beppe Grillo, Vittorio Sgarbi, il capitano dell’Inter Javier Zanetti, Platinette, Jerry Calà, Giorgio Faletti, Fabri Fibra. Eccetera eccetera.
Personaggi creati dal Digei Angelo e da Nicola Savino in Ciao belli: Gianumberto I e Gianumberto II, due fratelli che gestiscono il ristorante Il balubino di Debouché, provincia di Torino; l’adolescente Tezuia, patito di giochi elettronici; Peppe Cotraro, collaudatore professionale di escort, e sua moglie Gessica Cotraro; il bambino fifone Raimondo; un’avvocatessa veneta che dice in continuazione Voto prosciutto?; l’ingegnere nucleare Giustino Meringa da Lecco; Don Caleffe della diocesi del Cosimato; Gianni Nespolo della concessionaria Autonespolo; il tassista Marzio Felandra, che passa ore al telefono con i centralini erotici; il miliardario brianzolo Marco Ranzani; il barista Beppe Loialo, poi impiegato in un Footlocker, poi spacciatore al bar Schiaffeggiami (perché molti dei personaggi più longevi hanno questa caratteristica originale: evolvono); il tassista romano “Palladevetro”, fan della musica anni ottanta e in particolare di Gazebo; la cartomante porno Maghella; il camionista Alvise; Johnny Mugavero, un mafioso cocainomane; Efisia, del call-center di Sky; Franco Geranio da Vibo Valentia; il deejay Claudio Tozzo; Chicca, la viziatissima immaginaria figlia di Roberto Ferrari; il sindaco di Gatteo Mare Maierà e il suo consigliere comunale Giovanni Brogna; il deejay Aldo Masterjay; don Semenza; Elfio, titolare dell’Hotel Sangria di Mariano Calabro; l’agente immobiliare ladro Fernando Caiazzo; Giuliano, gestore del ristorante Vecio Friul; Vladimiro Clericetti da Cuneo; il deejay dialettale Olmes Piton; Gino Terrone del bar Merda di Torino; l’impresario puttaniere Gianfranco Meo; Gelsomino Apurru, l’uomo più ricco della Sardegna, e il suo cane Piga; Franco Alonge, proprietario della Carrozzeria per donna Franco Alonge, e suo figlio Samu Alonge, ladro di autoradio; tata Lucia, liberamente ispirata al programma Sos Tata; Willy da Lecco, aspirante deejay; il deejay calabrese Antonio Viceversa, che ha come motto le frasi La tua invidia è la mia forza, e Ti auguro il doppio di quello che auguri a me. Eccetera eccetera.
Questo è forse un terzo, un quarto del totale. Ma naturalmente l’elenco è inutile senza l’ascolto, e naturalmente bisogna ascoltare non una ma parecchie volte in ossequio alla Legge Fondamentale del Pop: il piacere è la ripetizione del già noto.
Se si ascolta per un po’ ci si lascia cullare dal già noto e si apprezzano anche le piccole variazioni e invenzioni: perché quello che conta, quello che fa sorridere o ridere nei personaggi di Ciao belli non sono le voci in sé, come in quei programmi insopportabili con gli imitatori, e nemmeno le battute o i tormentoni, che pure ci sono a palate; quello che conta è la sceneggiatura, la scrittura, la serie infinita di avventure che il Digei Angelo riesce a inventarsi sviluppando i personaggi tipo che ha creato, mescolando personaggi reali e personaggi immaginari, e calandoli in situazioni assurde.
Qui per esempio c’è Vittorio Sgarbi alle prese con una fidanzata troppo giovane e coi genitori calabresi di lei, che si sono insediati in casa sua.
E qui c’è Giampiero Galeazzi cronista del tennis a Montecarlo e, senza soluzione di continuità, della finale di Miss Spoleto.
Naturalmente è tutto un po’ puerile. Per questo fa ridere.
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