Dieci errori che i giornalisti devono evitare quando parlano di persone lgbt. Uno al giorno, per dieci giorni.
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Per decenni la questione omosessuale è stata circondata dall’imbarazzo e pochi erano i personaggi pubblici che dichiaravano di essere gay. Per questo la stampa ha sempre faticato a parlare in modo chiaro di queste relazioni.
Nei giorni successivi alla morte di Lucio Dalla mi si è stretto il cuore nel leggere che Marco Alemanno era definito “il suo stretto collaboratore”. Cioè, non nego che tra i due ci fosse anche un rapporto professionale, ma è un po’ come se dicessimo che Al Bano è un ex collaboratore di Romina Power.
All’epoca, Luca Bianchini aveva compilato su Vanity Fair una lista di alcuni epiteti usati dai giornali per definire Alemanno:
Stretto collaboratore
Gli era vicino da anni
Amico intimo
Amico vicinissimo
La persona che più è stata vicino a Lucio negli ultimi anni.
E io ne aggiungo un altro sentito in radio in quegli stessi giorni, quando in merito all’eredità di Dalla si discuteva di “un eventuale compagno”, quindi mettendo anche in dubbio l’esistenza stessa di questo povero fidanzato (che comunque per la legge italiana non avrebbe avuto diritto a nulla).
Però bisogna spezzare una lancia a favore dei miei colleghi giornalisti, che in questo caso hanno semplicemente trattato la relazione tra Dalla e Alemanno con la stessa vaghezza e discrezione con cui la trattavano gli interessati. Se in pubblico Dalla non aveva mai fatto cenno alla sua omosessualità, a molti giornalisti è sembrato indelicato parlare esplicitamente della sua relazione.
Eppure, la lista messa insieme da Bianchini è comunque un modello di riferimento per i termini che si usano quando, per motivi di pudore o altro, si preferisce non definire in modo chiaro un rapporto tra due persone. L’espressione “gli è stata vicina negli ultimi anni” è sempre servita a descrivere una relazione non completamente accettata dal punto di vista sociale, spesso nascondendo anche un giudizio morale.
Sui giornali italiani “La donna che gli è stata vicino negli ultimi anni” per eccellenza è Yoko Ono.
Usare questa frase fatta serve a ridimensionare il ruolo di una figura che non sta per niente simpatica alla maggior parte dei fan dei Beatles. Perché, purtroppo per loro, John Lennon ha passato più anni vicino a questa donna che ai Beatles. Quindi si tratta di una definizione non corretta ed evidentemente sprezzante.
Tornando al nostro tema, ultimamente ho notato comunque dei passi avanti: sui giornali si parla della moglie della ex premier islandese o del compagno di Nicki Vendola e stanno gradualmente scomparendo gli stretti collaboratori e gli amici vicinissimi. Il problema ora è quello opposto: ormai lesbiche e gay sono tutti sposati.
E quindi quando Paola Concia, che all’epoca era deputata, ha siglato un’unione civile con la sua compagna in Germania, i giornali italiani hanno parlato di “nozze tedesche”, dando il via a una catena di reazioni politiche semideliranti sul fatto che questo matrimonio fosse contrario alla costituzione italiana.
E ancora: quando in Francia furono introdotti i Pacs, cioè le unioni di fatto etero e gay (un’istituzione molto blanda e lontanissima da un matrimonio), una coppia gay italofrancese firmò il Pacs all’ambasciata francese a Roma. La loro unione fu definita da tutti i giornali il primo matrimonio gay in Italia.
Insomma, o sono stretti collaboratori o sono coniugi: quello che manca sui nostri giornali è una sana via di mezzo, ovvero il caro e vecchio “fidanzato” o “fidanzata”.
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