David Cronenberg e l’estasi della dissezione
La fondazione Prada continua la sua esplorazione del contemporaneo invitando noti registi cinematografici a confrontarsi con diverse forme di arte visiva. Dopo Carne y arena, la straordinaria esperienza di realtà virtuale orchestrata nel 2017 dal regista messicano Alejandro G. Iñárritu e la più discutibile Wunderkammer allestita nel 2020 da Wes Anderson e Juman Malouf con 538 manufatti del Kunsthistorisches museum di Vienna, è arrivato il turno della “nuova carne” del regista canadese David Cronenberg. In verità la carne che vediamo esposta al primo piano del podium della sede milanese della fondazione Prada non è nuova e non è neanche propriamente carne.
Cere anatomiche mette infatti in mostra diversi modelli in cera settecenteschi provenienti dal museo di fisica e storia naturale della Specola di Firenze. Alcuni di questi manufatti mostrano quattro donne bellissime che, come immerse in un rapimento estatico, offrono da più di duecento anni i loro organi interni allo sguardo di studenti di medicina e curiosi di passaggio. Sono adagiate su cuscini damascati, circondate da mussole e voile, hanno i capelli morbidamente sciolti su un cuscino, a volte acconciati con piccole trecce. Alcune di loro portano collane di perle come le Veneri di Tiziano e tutte riposano in teche di vetro e di bois de rose. Una di loro, la cosiddetta Venere dei medici (in cui la parola medici è minuscola per creare un ironico parallelo con l’ellenistica Venere de’ Medici in mostra agli Uffizi), è apribile come una bambola e i suoi organi interni di cera finemente dipinta sono asportabili. La loro pelle è morbida, liscia e dolcemente ambrata.
A differenza delle Veneri o delle Grazie di Canova, più o meno loro coetanee, non sono fatte di marmo ma di cera, un materiale duttile, caldo e che allo sguardo può sembrare vivo. Un materiale che permette grande realismo sia nei dettagli più eroticamente provocanti (i capezzoli quasi dorati, le labbra semiaperte, i piedi minuscoli e aggraziatissimi) sia, soprattutto, in quelli più scientifici: i loro organi interni, le ghiandole, i vasi sanguigni e i tessuti irrorati da migliaia di venuzze. Queste veneri squartate sono rappresentate con occhi socchiusi e bocche semiaperte in uno stato di estasi simile a quello della beata Ludovica Albertoni scolpita da Bernini nel 1674, circa cento anni prima che l’arte squisita del ceroplastico fiorentino Clemente Susini cesellasse i loro lineamenti e i loro apparati cardiovascolari e digerenti.
Vedere queste cere anatomiche alla Specola, nel contesto di un antico museo di storia naturale, ne sottolinea l’aspetto scientifico: nella Firenze dei lumi erano dei modelli realistici del corpo umano meno impegnativi da maneggiare dei cadaveri e la loro bellezza per noi così perturbante era un elemento puramente decorativo, un po’ come certe modanature dorate o certe tarsìe lignee che ammiriamo negli strumenti scientifici del sei e settecento. Eppure, trasportate in un contesto diverso, illuminate in maniera tenue e decisamente spettacolare, le cere della Specola sembrano animarsi di una vita nuova e ci fanno interrogare su cosa sia la bellezza di un corpo umano esposto e aperto in ogni suo dettaglio. Il regista canadese David Cronenberg, il maestro del body horror, il profeta della “nuova carne”, sembrerebbe la persona giusta per accompagnarci in questo percorso attraverso la bellezza dell’indicibile.
La chirurgia come teatro
Nel suo ultimo film, Crimes of the future, una coppia di artisti performativi interpretata dagli attori Viggo Mortensen e Léa Seydoux esplora la chirurgia praticata senza anestesia come estremo atto estetico. Ci troviamo in un futuro indefinito, in una città squallida e diruta come lo sono sempre le ambientazioni di Cronenberg: il genere umano non soffre più di malattie o di infezioni e può evolversi a suo piacimento facendosi crescere nuovi organi o tumori delle forme più diverse. L’arte dei protagonisti del film consiste nel mostrare in pubblico le proprie interiora, di asportare delicatamente tumori e ulcerazioni dai colori brillanti, di praticare tatuaggi decorativi su tessuti pulsanti. Se in Crash, uno dei più noti film di Cronenberg, le ferite e i tagli diventavano nuovi organi sessuali e ricettori di piacere fisico, le sezioni chirurgiche di Crimes of the future aprono la carne umana come se fosse un sipario scarlatto su una scena di puro godimento estetico.
D’altra parte le sale dove si praticavano le dissezioni dei cadaveri a scopo didattico e scientifico si chiamavano e si chiamano ancora “teatri anatomici”. Uno dei quadri più noti e celebrati del seicento olandese, Lezione di anatomia del dottor Tulp (1632) di Rembrandt, fa della dissezione di un cadavere una scena da teatro barocco con luci drammatiche, accorti contrasti e giochi di sguardi e di espressioni. Il punto su cui convergono gli occhi di tutti è il rosso dei tendini che spuntano dal braccio aperto di un cadavere. Il dottor Tulp, l’unico degli astanti a indossare un cappello a larghe falde, li tiene sollevati con una pinza per farli vedere bene. L’arte barocca ama le scene di martirio più cruente per la loro potenza teatrale: i san Bartolomeo scorticati e i sant’Erasmo eviscerati sono catturati in quel momento tra la vita e la morte, con un’espressione estatica molto simile a quella delle nostre Veneri di cera.
Il fatto che il personaggio interpretato da Léa Seydoux nel film si chiami Caprice, “capriccio”, ci offre una suggestione che ci apre uno spiraglio sul settecento che ha generato quelle ceroplastiche. Il diciottesimo secolo era sì l’epoca dei lumi e della scienza (e dello studio attento dell’organismo umano), ma era anche quella del virtuosismo più estremo, del rococò, delle illusioni dei quadraturisti, delle carceri d’invenzione del Piranesi, delle rapinose fughe di Bach e delle “folie” di Scarlatti e di Vivaldi. Il settecento era studio e razionalità ma anche stupore e, appunto, capriccio. Nell’arte di Caprice, che lascia la sua firma tatuata sui tumori e sugli organi interni del suo partner, c’è un invito a guardare nell’indicibile, a scrutare l’interno di un corpo umano come se fosse la scena di un teatro, con le sue quinte di carne che si aprono su un dilettevole rovinismo di tessuti, cartilagini e organi.
Una bellezza deliberata
Cronenberg inizialmente aveva in mente una sorta d’installazione per la fondazione Prada, ma la delicatezza delle ceroplastiche della Specola non rendeva possibile nessun tipo di intervento. Quindi ha deciso di realizzare un cortometraggio negli spazi del museo fiorentino subito prima che i preziosi manufatti fossero preparati per essere trasportati a Milano. E il film, intitolato Four unloved women, adrift on a purposeless sea, experience the ecstasy of dissection, viene proiettato in loop nel podium, in uno spazio che ricorda proprio i teatri anatomici in cui si eseguivano le dissezioni dei cadaveri.
Per realizzare il suo film Cronenberg ha la possibilità di far posare le figure di cera come delle modelle o delle attrici e per farlo cerca con loro una sorta d’intimità o di complicità. Soprattutto cerca di portarle nel suo mondo che, anche se in modo tortuoso e tormentato, è sempre Hollywood. E per loro ricrea proprio una specie di piscina californiana su cui i loro corpi graziosi, ma irreversibilmente aperti, sembrano galleggiare come su dei materassini. “La cosa che ho scoperto di queste figure”, spiega Cronenberg nell’intervista del catalogo, “è che la loro bellezza sta nel modo in cui rivelano l’interno del loro corpo in un modo orgoglioso e deliberato”. Non si vergognano di nulla, neanche dei loro organi interni la cui vista può significare solo morte e putrefazione.
L’idea molto cronenberghiana è che le donne stesse, per qualche imperscrutabile ragione, abbiano deciso di sezionarsi e dal punto di vista puramente visivo la sua grande intuizione è quella di far “recitare” la cera con la luce: “è un materiale organico” spiega, “che sembra sempre brillare”; la cera rende perfettamente la vischiosità e l’umidità di certi tessuti ma allo stesso tempo emana un bagliore magico. Gli organi interni delle figure di cera sono talmente realistici da sembrare irreali, belli come opere d’arte, come le appendici pulsanti e vive che i protagonisti di Crimes of the future pescano dai propri stessi corpi come tesori sommersi.
È interessante però notare che i pezzi forti della mostra, quelli che davvero ci parlano, sono le figure di cera della Specola di Firenze con le loro teche di vetro e le belle tavole anatomiche settecentesche a matita e acquarello che le accompagnano. Ed è ancora più interessante notare con che delicatezza Cronenberg abbia scelto di avvicinarsi a loro: le ha trattate con una dolcezza, una leggerezza e un tocco d’ironia che potrebbero sembrare superficialità ma che sono invece il riflesso dello sguardo incantato di un grande uomo di cinema.
Cere anatomiche, la Specola di Firenze, David Cronenberg
Milano, fondazione Prada, fino al 17 luglio 2023.