Mentre scrivo queste righe la Gran Bretagna sta per andare alle urne. Niente è deciso. Ma una cosa è certa: qualsiasi risultato solleverà questioni difficili da risolvere.

Queste elezioni sono state le più incerte delle tredici a cui ho assistito in vita mia. Soprattutto a causa dei dibattiti televisivi: un’innovazione che ha permesso al liberaldemocratico Nick Clegg (il cui partito fino a ieri aveva 62 deputati su 646) di avere lo stesso spazio di David Cameron e Gordon Brown.

E di presentarsi agli elettori come loro pari. All’inizio della campagna elettorale nessuno l’avrebbe riconosciuto incontrandolo per strada. Nei giorni scorsi tutti lo fermavano per fargli i complimenti. Ma ci sono stati anche altri fattori importanti. Brown continua a essere poco amato, ma neanche Cameron è riuscito a ispirare fiducia ai britannici.

E non ha nemmeno spiegato come ridurrà il deficit. Con l’arrivo di Clegg, l’indecisione degli elettori è ulteriormente cresciuta. Quest’incertezza è stata fatale per gli equilibri istituzionali. Il nostro meccanismo elettorale – in cui viene eletto il candidato che prende più voti nella sua circoscrizione – è pensato per un sistema bipartitico.

In presenza di un terzo grande partito, com’è oggi quello liberaldemocratico, questo sistema mostra la corda: la distribuzione dei seggi non corrisponde più ai voti espressi dai cittadini a livello nazionale. Il risultato è quindi profondamente ingiusto. Ma questo non vuol dire che il sistema elettorale verrà cambiato in tempi brevi.

Internazionale, numero 845, 7 maggio 2010

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