Marco Zangari, Latinoaustraliana
Nativi Digitali Edizioni, 370 pagine, 4,99 euro

Dagli anni cinquanta fino al 1976 decine di migliaia di italiani emigrarono ogni anno in Australia. Oggi migliaia di persone sotto i trent’anni ci vanno con visti di lavoro da sei mesi e alcune rimangono lì. Zangari è uno di loro e in questo libro racconta la sua esperienza.

Siciliano e laureato, in Australia ha vissuto in modo precario: ha lavorato in un call center, ha fatto il cameriere e il lavapiatti, il commesso e il rappresentante di aspirapolveri. Ha incontrato tedeschi, svedesi, francesi, irlandesi, britannici e altri italiani, spesso sfruttati. Molti passano dall’ansia per il poco lavoro all’euforia, e quando vengono pagati molto spesso spendono tutto in alcol. Zangari è uscito da quella sacca di disperazione perché reggeva bene l’alcol e soprattutto perché si è innamorato di una ragazza di Sydney. Ha anche un compagno di scuola che lo ha raggiunto laggiù.

Cosa li ha portati in Australia? Sicuramente un senso di repulsione per l’Italia (“sempre sull’orlo di un nuovo baratro”). Zangari trova Sydney vitale e accogliente mentre pensa che Melbourne sia troppo simile all’Europa da cui è fuggito. Questo libro è agile e onesto, oltre a essere ravvivato da un’ironia piuttosto amara.

Questa rubrica è stata pubblicata il 17 febbraio 2017 a pagina 80 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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