Quanto annaspano i conduttori televisivi per trasformare le loro trasmissioni in thriller con punte alte di suspense specialmente a ridosso delle interruzioni pubblicitarie. “Restate con noi”, raccomandano quasi implorando, “perché ne stiamo per vedere delle belle”.
Le estenuanti trasmissioni su ogni possibile consultazione elettorale non fanno eccezione. Anzi, dopo i molteplici svarioni dei sondaggisti, dopo gli sgarri degli exit poll, dopo la vittoria inimmaginata di Trump, le maratone elettorali sono diventate più promettenti di The walking dead. È tutta un’attesa delle raffiche di dati, chi avanza chi arretra, e la speranza è che ciò che mezz’ora prima pareva allegramente vero, mezz’ora dopo appaia tristemente falso, o viceversa. L’essenziale, televisivamente parlando, è ottenere una bella altalena delle emozioni cogliendo per primi, contro la concorrenza, il rovesciamento delle sorti. Cosa che può causare abbagli.
Sky, domenica scorsa, ha dato il vaticinio del primo exit poll: in testa Macron, seconda Le Pen. Informazione certamente interessante su cui riflettere, ma che serata fiacca. Finché, oddiosanto, un nuovo exit poll ci dice che Le Pen è prima, Macron secondo. C’è voluta l’interruzione pubblicitaria per sapere, subito dopo, che si trattava di dati ministeriali, quelli somministrati noiosamente col contagocce e relativi a poche sezioni scrutinate.
Questa rubrica è stata pubblicata il 28 aprile 2017 a pagina 12 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati
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