Forse l’unico modo per chiarirsi le idee, nel marasma generale, è chiedere alle forze politiche – tutte naturalmente desiderose di migliorare la vita sul pianeta – come intendono comportarsi coi ricchi e gli straricchi.

La risposta più netta è nota ed è di destra: per amore del genere umano, ai ricchi bisogna dimezzare le tasse, così loro reinvestono di più e creano un numero portentoso di posti di lavoro.

Le altre risposte invece, per lo più di sinistra, sono un balbettio riassumibile con: sì, però. La tassa sulle transazioni finanziarie (Tobin tax) va bene, però fa troppo fumo e poco arrosto. Thomas Piketty ha ragione, il capitalismo per sua natura rende sempre più ricchi i ricchi e sempre più poveri i poveri, però il capitale è l’unico orizzonte che abbiamo. Ottimo lasciare ai ricchi soltanto il venti per cento dei loro profitti, di sicuro non moriranno di fame, però con quali ricchi ci alleiamo, con quelli vecchi o con quelli nuovi, con i fordisti residui o con i postfordisti, con i predigitali scontenti di essere depredati dai digitali o con i digitali entusiasti di depredare tutti?

Perché, diciamo la verità, in giro per il pianeta, classi dirigenti così robuste da levare ai ricchi senza il consenso di altri ricchi e solo per amore dei poveri non se ne vedono. Alla fin fine la vera ricchezza del vero ricco è che nessuno se la sente di toccarlo.

Questo articolo è uscito nel numero 1291 di Internazionale, a pagina 10. Compra questo numero| Abbonati

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