Il talento di Mr. C è girato con amore ma è solo per i fan sfegatati
Nicolas Cage e Pedro Pascal sono una squadra vincente in Il talento di Mr. C, una commedia romantica e d’amicizia, bonaria e piena di azione. Pascal è particolarmente adorabile nel ruolo del miliardario spagnolo Javier “Javi” Gutierrez, che adora a tal punto il suo idolo Nicolas Cage da offrirgli un milione di dollari perché partecipi alla sua festa di compleanno nella sua favolosa villa sul mare a Maiorca. A complicare le cose c’è la possibilità che Gutierrez sia anche capo di una famiglia mafiosa la cui attività principale è il traffico internazionale di armi.
L’idea comica chiave è che Nicolas Cage interpreti se stesso nel ruolo dell’attore Nick Cage, comicamente egocentrico (con una k in più per adattare allo schermo la figura di Nic Cage, hanno detto gli sceneggiatori), e impegnato in una lotta per il salvataggio di una carriera che sta naufragando. Questo difficile compito non è dovuto solo al bisogno di condividere con il mondo la sua “abilità di attore neosciamanico”. Non è nemmeno solo per placare il suo immaginario e agguerrito alter ego immaginario Nicky, vestito di pelle e dai capelli fluenti, una versione mostruosa in grafica computerizzata del giovane Cage dell’epoca di Cuore selvaggio, che vuole mantenere il vecchio e favoloso livello di celebrità dell’attore e scandisce i suoi brutali discorsi di incoraggiamento urlando: “Tu sei Nick FUCKIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN’ YAHOW Cage!”.
Tra gli altri motivi c’è il fatto che il protagonista, vivendo al di sopra delle sue possibilità, è gravemente indebitato.
(Sappiamo che il vero Cage ha effettivamente debiti terribili, dato che nella sua vita ha sperperato diverse fortune per acquistare, tra le altre cose, quindici sontuose case, tra cui due castelli europei e tre isole private; più di cinquanta auto incredibilmente costose, tra cui la Lamborghini del defunto scià di Persia; quattro yacht; un raro teschio di dinosauro Tyrannosaurus bataar; e un’enorme lapide a forma di piramide alta quasi tre metri nel più antico cimitero di New Orleans, dove l’attore intende essere sepolto. A essere sinceri, Il vero Nicolas Cage è un personaggio così improbabile che un film biograficamente accurato sarebbe più inverosimile di questo folle e comico film d’avventura).
Ci sono anche i problemi familiari dell’ex moglie sul piede di guerra, Olivia (Sharon Horgan), e della figlia con cui non ha più contatti, Addy (Lily Sheen, che in realtà è il prodotto di una consanguineità hollywoodiana, in quanto figlia di Kate Beckinsale e Michael Sheen). Le due considerano Nick Cage un perdente e un motivo d’imbarazzo per tutti questi motivi.
A questa umiliante miscela si aggiunge la perdita di un importante ruolo che gli avrebbe salvato la carriera, per il quale aveva fatto un’audizione nel parcheggio dello Chateau Marmont per lo sconcertato regista David Gordon Green (che interpreta se stesso). Nick Cage è così pronto ad annunciare al suo manipolatorio agente (Neil Patrick Harris) che sta per: a) rinunciare per sempre alla recitazione, e b) è pronto ad accettare l’offerta di una festa di compleanno di un miliardario.
Il film ha una trama che diventa ogni minuto più stramba
Ma l’inaspettato legame creato tra Nick e Javi a Maiorca cambia le cose. Nick finisce per collaborare alla sceneggiatura di Javi – pensata ovviamente per far risaltare, nel ruolo da protagonista, lo stesso Nicolas Cage – tra le altre cose facendosi di acido ed esplorando i loro sentimenti più intimi, nelle scene che compongono il divertente secondo atto del film. Il loro idillio terapeutico è complicato dall’invadenza di due agenti della Cia (interpretati da Tiffany Haddish e Ike Barinholtz) che indagano sul rapimento della figlia del presidente catalano da parte degli scagnozzi di Gutierrez, al fine di influenzare le elezioni e neutralizzare il candidato nemico della criminalità. Nick viene così spinto a fare delle prove per un ruolo di attore-spia per incastrare il suo amico. Alla fine, deve affrontare una serie di scenari che ricordano i suoi vari film d’azione per salvare Javi, la sua famiglia e se stesso dal disastro.
Il film ha una trama che diventa ogni minuto più stramba, il che non ha molta importanza perché il divertimento consiste nel vedere Nicolas Cage mettere in scena una versione piacevolmente assurda della sua vita da star, coadiuvato da Pedro Pascal nei panni del suo ammiratore sfegatato. Il vero Cage si è da tempo calato nel personaggio multiforme descritto dal libro Age of Cage [una biografia di Nicolas Cage scritta da Keith Phipps, ndr]: quello della star cinematografica, strampalata e strafottente, alimentato dai giovani fan sui social network, che hanno generato un milione di meme in suo onore. E questo film è un regalo per loro. Ma il personaggio di Nick all’interno del film è molto più spigoloso e diffidente nei confronti della stranezza della sua stessa fama, e la sua voce nasale vacilla incerta quando deve ringraziare le persone che parlano dell’importante e duraturo effetto che ha lasciato sulla loro vita la sua commedia del 1994 Cara, insopportabile Tess, o che vogliono abbracciarlo e farsi un selfie con lui per il suo straordinario lavoro nel film I Croods 2: una nuova era.
Svolta comica ben dosata
Rimane sbalordito di fronte al santuario che Javi ha dedicato a Nicolas Cage, che occupa un’intera stanza segreta, ed è particolarmente colpito dalla replica “profondamente inquietante” e a grandezza naturale di Cage che veste i panni del pazzo omicida Castor Troy nel film Face/Off (1997) di John Woo, con le braccia tese e due pistole placcate d’oro nelle mani, che si suppone siano le originali del film. Uno degli aspetti inquietanti della faccenda è che Nick rivuole indietro le sue pistole d’oro.
L’interpretazione di Cage in Il talento di Mr. C, nei panni di un Nick Cage in crisi è una svolta comica ben dosata, ma Cage è sempre stato bravo nelle commedie. La sua leggendaria convinzione di attore folle, che lo ha portato a quelle affascinanti ma demenziali “scelte coraggiose” che hanno fatto impazzire i colleghi attori all’inizio della sua carriera, prima che la gente si abituasse alla filosofia di Cage, dà qui i suoi frutti. Le esigenze della commedia rendono più chiaro che, nonostante il suo brio sopra le righe, Cage è diventato più preciso nell’ottenere quegli effetti che gli vengono riconosciuti ultimamente, ora che il suo nome è sinonimo di eccessi. Sa come dare un tocco di maturità a una battuta e come utilizzare la sua metodica follia in scene assurde. Basta guardarlo mentre dà il meglio di sé nella sequenza del trip lisergico, nel quale Nick e Javi, drogati di lsd e convinti di essere inseguiti da agenti sotto copertura, cercano di scalare un muro e poi recitano una funerea scena d’addio quando Javi non ce la fa più, con Nick che ulula e picchia sul muro in preda all’angoscia.
Secondo il regista Tom Gormican, lo stesso Cage in carne e ossa definisce questa scena come un esempio della loro capacità di cogliere “il vero Cage” su pellicola.
La sceneggiatura è stata scritta da Gormican e Kevin Etten, che non avevano un piano di riserva qualora Cage avesse rifiutato. Gormican, un devoto di Cage da quando ha visto per la prima volta la sua interpretazione “iperbolica” nella commedia dei fratelli Coen Arizona junior nel 1987, ha sostanzialmente realizzato un film sulle gioie smodate dell’essere un fan cinematografico: “Abbiamo chiesto a Pedro Pascal di dire le cose che volevamo dire a Nic e poi abbiamo visto come sono andate le cose… Tutto il film è come un avatar della personalità mia e di Kevin: ci piace molto Nicolas Cage. Ci siamo detti tra noi: ‘Ok, qual è lo scenario peggiore che comunque ci renderebbe soddisfatti?’. E ci siamo detti: ‘ae riusciamo a pranzare con Nicolas Cage, penso che sia sufficiente. Voglio mangiare un’insalata con Nicolas Cage da qualche parte a Los Angeles, e se sarà l’unica cosa che succede, sarà comunque valso la pena dedicarci del tempo’”.
Se quindi non siete in grado di calarvi nello spirito dolce e disordinato di uno sfegatato fan cinematografico, questo film probabilmente non fa per voi.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul trimestrale statunitense Jacobin Magazine.