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Giuliano Delnevo parla del Ramadan in un’intervista del 2011. (Actualnewsful, YouTube)

Giuliano Delnevo, un ventenne di Genova, sarebbe il primo italiano morto in Siria combattendo contro le forze di Assad. Cresciuto in una famiglia non musulmana, Delnevo si era convertito all’islam nel 2008, secondo quanto riporta La Repubblica.

**In Belgio si discute da mesi **dei giovani che partono a combattere in Siria. Alcuni di loro, come Delnevo, sono convertiti. Molti sono nati in famiglia musulmane (in Belgio, soprattutto in passato, ottenere la nazionalità era molto più semplice che in Italia, sia per le persone immigrate sia per i figli di stranieri nati qui). Già ad aprile Die Zeit aveva raccolto le testimonianze di alcuni di questi ragazzi che, a volte appena quindicenni, spariscono per poi ricomparire al fianco dei ribelli siriani.

Uno di loro si chiamava Tarik. L’anno scorso aveva detto alla famiglia di dover andare in Francia per una formazione, ma a ottobre il padre aveva scoperto che era in Siria. Un mese dopo era partito anche il fratello grande, Elias, 23 anni, su una macchina carica di vestiti e medicine. Sulle foto scattate in Siria porta il berretto della Mezzaluna rossa.

A fine maggio la moglie lo convince a tornare ad Anversa ed Elias, insieme al suo avvocato, si presenta in commissariato per spiegare le ragioni del suo viaggio. Il 29 maggio viene arrestato. A quanto pare anche Tarik stava pensando di tornare, ma aveva paura di finire in carcere. Il 7 giugno, a vent’anni, è stato ucciso.

La loro storia colpisce soprattutto perché a raccontarla è il padre, Mohamed Taketloune, che ha chiesto al quotidiano Le Soir di poter dare la sua versione dei fatti. Così, accanto alle notizie sull’ennesimo “jihadista” belga intercettato al suo ritorno e sull’ultima trovata di Bart De Wever, il nazionalista sindaco di Anversa che ha deciso di radiare ventidue giovani musulmani partiti in Siria dai registri della circoscrizione, sempre più spesso si leggono gli appelli dei genitori di questi ragazzi, madri e padri che chiedono allo stato belga di non scoraggiare il ritorno dei loro figli. “Mohamed Taketloune”, scrive Le Soir, “vorrebbe che lo stato belga aiutasse i padri come lui a evitare che dei ‘ragazzi senza antecedenti’ facciano delle sciocchezze. ‘Dai 15 ai 23 anni sono solo adolescenti!’, spiega”.

il 12 giugno delle “mamme preoccupate” hanno pubblicato una lettera aperta sulla Libre Belgique. Tra poco presenteranno una petizione al premier Elio Di Rupo. Sullo stesso quotidiano era uscita una lettera simile già ad aprile: “Parte della stampa vi accusa di essere dei giovani ‘sbandati’. Sappiamo che non è vero, e che non siete partiti né per sete di guadagno o di vendetta né per odio dell’occidente”.

Sempre ad aprile il direttore del settimanale fiammingo Knack, Eddy Eerdekens, scriveva: “È ora di smetterla con le reazioni isteriche sui giovani belgi musulmani che partono a combattere in Siria. L’agitazione politica sembra servire sempre più a nascondere problemi ben più gravi, sui quali il governo non ha presa: la crescente disoccupazione e la fine di una prosperità causata da un’economia sempre più in difficoltà. Date ai giovani un paese dove poter vivere e lavorare e avranno molta meno voglia di mettere in pericolo la loro vita in una guerra lontana”.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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